Omelia per l’avvio dell’825° anniversario  della dedicazione della Cattedrale, 16 ottobre 2022

Omelia per l’avvio dell’825° anniversario  della dedicazione della Cattedrale, 16 ottobre 2022

Omelia per l’avvio dell’825° anniversario  della dedicazione della Cattedrale, 16 ottobre 2022

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Omelia per l’avvio dell’825° anniversario  della dedicazione della Cattedrale, 16 ottobre 2022

Omelia per l’avvio dell’825° anniversario  della dedicazione della Cattedrale di Spoleto

Domenica 16 ottobre 2022

«Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra?». Alla domanda Salomone – che inaugura il maestoso Tempio di Gerusalemme – risponde: «Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ti ho costruita».

Anche noi, ricordando ammirati e riconoscenti gli 825 anni dalla dedicazione di questa Basilica Cattedrale, edificata dai nostri padri con impegno d’amore e sapienza architettonica, ripetiamo trepidanti la stessa domanda. Siamo ben consapevoli, infatti, che uno splendido edificio non basta per farne la casa di Dio con gli uomini. Solo una Chiesa che nello scorrere dei giorni viva appassionatamente la ricerca sincera di ciò che è vero, buono e giusto ai suoi occhi, potrà avere il Signore vicino. Guai a noi se ci limitassimo ad offrirGli la meraviglia delle strutture architettoniche e artistiche della Cattedrale e a questa non corrispondesse la meraviglia di una comunità che si edifica attorno alla Parola e all’Eucaristia, costruisce relazioni fraterne, si impegna per una società più accogliente e misericordiosa verso tutti. Solo allora, come Salomone, potremo dire con umiltà e fiducia, certi di essere esauditi: «Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa. Ascolta la supplica del tuo popolo… Ascolta dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona».

Da più di ottocento anni ogni giorno Gesù si fa presente su questo altare nel sacrificio eucaristico. La sua è una presenza dinamica, che ci attira per assimilarci a sé con la forza del suo amore. E noi ammiriamo stupiti e affascinati: la Chiesa è Cristo e noi, Cristo con noi, con noi come la vite è con i tralci (cf Gv 15, 1-8). Questa verità, semplice e misteriosa ad un tempo, sta al cuore del nostro Giubileo. Vorrei che l’anno speciale che oggi inizia si trasformasse in un grande e continuo cantico di amore per questa Chiesa locale di Spoleto-Norcia. Con le sue comunità, le sue famiglie, i suoi religiosi, i suoi diaconi, i suoi preti e il suo vescovo; con il suo patrimonio di santità, di fedeltà e di testimonianza e con il bagaglio dei suoi limiti, dei suoi tradimenti e dei suoi peccati. Noi siamo questa Chiesa, che pellegrina da secoli sulle strade del Vangelo e che oggi, in questo cruciale cambiamento di epoca, sta percorrendo con fatica e spesso con altrettanta resistenza il cammino del rinnovamento: del suo pensiero, delle sue forme di presenza pastorale, delle sue istituzioni e delle sue strutture. È questa Chiesa, ricca di luci e di ombre, che continua a darci Gesù, «il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 45, 3) e a ripeterci le sue parole che ci spronano a renderla sempre più bella con una dedizione creativa, umile e gioiosa; che continua a comunicarci quella sapienza che distingue il bene dal male, separa ciò che costruisce da ciò che distrugge, ciò che resta da ciò che passa; che continua a donarci il perdono di Dio e a condurci ad un quotidiano esercizio di amore cristiano. Per questa Chiesa diocesana è necessario e doveroso il sostegno della nostra preghiera: invito e chiedo ad ogni parrocchia di dedicare almeno una volta in ciascuno dei mesi dell’anno giubilare, nelle modalità più opportune, un tempo specifico di adorazione eucaristica, affinché una grande e corale intercessione per la nostra diocesi salga «come profumo gradito davanti al Signore» (Es 29, 25) e ci ottenga il dono di numerose e sante vocazioni alla famiglia, alla vita consacrata e al sacerdozio. Perché questa Chiesa siamo noi. E noi, e non altri, dobbiamo prendercene cura.

Per il Battesimo ricevuto, siamo la casa di cui ci ha parlato San Pietro: «Stringendovi a Cristo, pietra viva, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo» (cf 1 Pt 2, 4-5). Per questo abbiamo scelto come motto dell’anno giubilare l’affermazione: «Voi siete la dimora del Dio vivente» (cf 2 Cor 6, 16) che campeggia da oggi sulla facciata del Duomo.

Amo pensare che ogni parrocchia saprà trovare il modo più efficace di approfondire opportunamente, con l’aiuto della équipe pastorale, e di fare viva esperienza di questa meravigliosa realtà. Non possiamo dimenticare infatti che il vero Giubileo si compie innanzitutto a livello interiore, per realizzare un profondo rinnovamento della vita cristiana: nessun credente – come nessuna comunità – potrà essere “casa di Dio in mezzo agli uomini” se non è prima di tutto “rivolto al Signore”, orientato a lui, raccolto non nella contemplazione di se stesso ma di Dio, in ascolto della sua parola, nella celebrazione del suo dono di salvezza compiuto in Cristo per la potenza dello Spirito. Perché un cristiano che non sa ascoltare, contemplare, celebrare e servire Dio, difficilmente potrà essere segno trasparente di Lui.

Coscienti delle nostre povere forze e delle tante contraddizioni che caratterizzano il nostro percorso umano e spirituale, in spirito di preghiera e proprio con l’impegno di custodire la santità di Dio di cui siamo fatti partecipi, abbiamo da poco aperto e varcato la Porta Santa, segno e immagine di Gesù che dice: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10, 9).Con questo gesto simbolico – che ripeteremo più volte nell’arco dell’anno – vogliamo manifestare il desiderio di accogliere il dono dell’indulgenza che, accordandoci la remissione delle colpe, ci abilita ad agire con carità e a crescere nell’amore piuttosto che ricadere nel peccato. In questa prospettiva, ci sarà di prezioso aiuto anche la celebrazione fedele del sacramento della Riconciliazione (o Confessione), al quale proprio l’anno giubilare ci invita a fare ritorno con fiducia.

Ma lo stare con Cristo, l’essere in quanto cristiani quasi “il suo prolungamento” nell’oggi della storia, ci fa partecipare anche della missione che il Padre gli ha affidato affinché tutti gli uomini «abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10, 10). «Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare» (Evangelii nuntiandi 14). Perciò noi – Chiesa locale di Spoleto-Norcia – siamo chiamati a nostra volta ad intraprendere con convinzione ed entusiasmo le strade della missione per portare a tutti la gioia del Vangelo. Le nostre comunità – e in esse ciascuno dei membri – sono sollecitate a diventare una “porta santa” dalla quale si diffonde il profumo di una vita cristiana vissuta nella sua radicalità, capace di affascinare ancora gli uomini e le donne del nostro tempo, sempre assetati di luce e di consolazione.

 La stagione che stiamo vivendo – lo sappiamo – somiglia un po’ alla notte. Il Covid è stata la metafora crudele della crisi attuale. E, appena la pandemia ha allentato il suo artiglio, ci siamo ritrovati nel mezzo di una “guerra totale”, come se quella “a pezzetti” non avesse già dilaniato troppe vite. Mai, forse, come nell’attuale situazione, le donne e gli uomini sono affamati di speranza, di senso, di orizzonti. Il Cammino sinodale – che percorriamo insieme con le Chiese che sono in Italia – può diventare allora il tempo delle parole incoraggianti, delle parole pronunciate per costruire, il tempo in cui resistere alla tentazione delle parole amare, dei luoghi comuni che seminano tristezza. È il tempo di parole sapienti, comprensibili, vere, che nascano nelle dimore dell’amicizia e della comunione, il tempo di una Chiesa che sia incoraggiamento per il presente e il futuro dell’umanità; il tempo di chiamare quelli che se ne stanno appartati, il tempo per far credito a coloro che il Signore chiama anche se non sono secondo le nostre aspettative. Non c’è bisogno oggi di una Chiesa che sia il semplice prolungamento del mondo. C’è invece ancora un bisogno immenso, dentro questo mondo, del servizio che possono rendere dei cristiani che camminano sulla strada di Gesù che incontra, ascolta, discerne e invita alla sequela.

 L’evento di grazia al quale oggi diamo inizio ci affida l’impegno di presentare ai nostri contemporanei Dio che è amico degli uomini e invitarli ad essere amici di Dio. Come insegna l’episodio di Zaccheo, di cui ci ha parlato la pagina evangelica (Lc 19,1-10), se l’uomo lascia entrare Dio nella sua vita e nel suo mondo, se lascia che Cristo viva nel suo cuore, non si pentirà: «Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo!» (Benedetto XVI, Omelia per l’inizio del Ministero Petrino, 24 aprile 2005). Questo “anelito missionario” che vogliamo abiti e pervada l’anno giubilare è ben rappresentato dal grande mosaico che campeggia sulla facciata del nostro Duomo, dove l’artista Solsterno ha raffigurato l’immagine maestosa di Cristo Pantocratore. È come se la comunità cristiana, quei discepoli di Gesù che abitano la nostra diocesi e che tutti voi, cari fratelli e sorelle, qui rendete idealmente presenti questa sera, dicessero al mondo con la vita e con le parole: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: Gesù Cristo, il Nazareno, il Salvatore!» (cf At 3, 6). È Lui la nostra vera e unica ricchezza da annunciare e condividere con l’umanità! Perché, come diceva Sant’Ambrogio di Milano, «Cristo è tutto per noi: se vuoi curare una ferita, egli è medico; se sei riarso dalla febbre, è fontana; se sei oppresso dall’iniquità, è giustizia; se hai bisogno di aiuto, è forza; se temi la morte, è vita; se desideri il cielo, è via; se fuggi le tenebre, è luce; se cerchi cibo, è alimento» (De virginitate, 16, 99: SAEMO 14II, p. 80).

Insieme con voi affido questo anno giubilare alla potente protezione dei Santi Patroni Ponziano e Benedetto e di Santa Maria, qui amata e venerata nella sua SS.ma Icone, affinché da questo altare sgorghi un fiume continuo di grazia su tutte le comunità della nostra diocesi e in questa nostra terra spoletano-nursina si moltiplichino e consolidino nuovi testimoni di vita cristiana autentica, che offrano al mondo il grande servizio che la Chiesa può e deve prestare all’umanità: essere icona della bellezza divina, fiamma ardente di carità, strumento perché il mondo creda in Colui che Dio ha mandato (cf Gv 6,29). E fiduciosi, preghiamo con le parole di Papa Francesco: «Vieni, Spirito Santo. Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita, preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire. Vieni tra noi, perché non ci lasciamo sopraffare dal disincanto, non annacquiamo la profezia, non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili. Vieni, Spirito Santo d’amore, apri i nostri cuori all’ascolto. Vieni, Spirito di santità, rinnova il santo popolo fedele di Dio. Vieni, Spirito creatore, e rinnova la faccia della terra» (Momento di riflessione all’inizio del percorso sinodale, 9 ottobre 2021).

 

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