Omelia nella solennità dell’Assunta, 15 agosto 2023

Omelia nella solennità dell’Assunta, 15 agosto 2023

Omelia nella solennità dell’Assunta, 15 agosto 2023

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Omelia nella solennità dell’Assunta, 15 agosto 2023

Omelia nella solennità dell’Assunta

Spoleto, Basilica Cattedrale, 15 agosto 2023

 Tante nostre feste popolari e anche la festa liturgica dell’Assunzione di Maria ricorrono in una stagione dedicata per lo più al riposo e al divertimento. Non si può nascondere un qualche contrasto tra la mondanità del clima estivo e la severità di pensieri e di esigenze a cui riporta una festa che ci parla di cielo e di eternità. Questi infatti poco si conciliano con l’ubriacatura di una cultura dell’autonomia e dell’autorealizzazione, narcisista e autoreferenziale, per cui si è convinti di doversi e potersi fare da sé, quasi padri di sé stessi, per assicurarsi il massimo della libertà e l’illusione di non dover dar conto a nessuno e a nessuno dire grazie. Tuttavia, la domanda che ci dobbiamo porre è se esista veramente contrasto tra le due dimensioni. Tendere al cielo e all’eternità significa disprezzare questa vita? non stimare ed apprezzare la dimensione corporale dell’esistenza?

La risposta sta nel cercare l’unità e il rapporto tra corpo e spirito, tra storia ed eternità, tra questa vita e la vita di Dio. Ce la fornisce proprio la festa di oggi che, parlando di assunzione, ci dice che, come e con Maria, noi siamo dentro un processo dinamico, afferrati da un movimento che ci sta elevando verso Dio. Dio sta raccogliendo poco a poco in unità tutte le dimensioni della nostra persona e del nostro esistere nel tempo e le sta trasformando portandoci verso di sé, elevandoci sempre di più e introducendoci nella sua vita. L’Assunzione di Maria annuncia che quanto è accaduto al suo corpo è primizia, anticipo della sorte che toccherà anche a noi, fatti di corpo e di anima.

La celebrazione odierna ci restituisce, per così dire, la preziosità del nostro corpo: noi “siamo corpo” e non soltanto “abbiamo un corpo”. È con il corpo che ci relazioniamo, manifestiamo attenzione, premura, vicinanza, comunione. È con il corpo che amiamo e riceviamo amore. Quanto stiamo vivendo in questo frattempo terreno è una sorta di gestazione del corpo glorioso che per un atto di creazione nuova il Padre ci donerà. Se per venire al mondo nessuno di noi ha deciso o fatto qualcosa, per nascere invece alla vita nuova per sempre, tutto di noi è necessario, proprio tutto ciò che ha a che fare con il nostro corpo.

Pensiamo così al corpo di Maria. Al suo cuore, innanzitutto, in grado di accogliere una parola che chiede di essere concepita a dispetto di ogni evidenza. Pensiamo alla sua mente che fa suoi i pensieri stessi di Dio, imperscrutabili, inaccessibili, eppure condivisi con chi non fa del suo schema mentale l’unico metro di misura. Pensiamo ai suoi piedi che oggi contempliamo mentre raggiungono l’anziana parente chiamata a fare i conti con una maternità sperata ma giunta fuori tempo; piedi affrettati per il servizio e la condivisione dell’opera che Dio aveva compiuto in lei; piedi che non prendono vie di fuga nella prova e per questo sono immobili al Calvario. Pensiamo al suo grembo capace di fare spazio, così da intessere la carne del Figlio di Dio. Pensiamo ancora al suo seno che nutre l’affacciarsi del Verbo in mezzo a noi: il latte materno, infatti, ci trasmette non solo l’alimento necessario ma un vero e proprio modo di stare nella vita. Pensiamo alle sue mani aperte nel gesto orante e alle sue braccia che accolgono la fatica di tutti noi suoi figli quando le consegniamo fatiche, solitudini e speranze. Pensiamo ai suoi occhi in grado di cogliere le domande inespresse e di riconoscere quando viene a mancare il vino della gioia. Pensiamo, infine, alla sua bocca che si scioglie nel canto della riconoscenza e nella disponibilità ad offrire il suo “eccomi”.

La vita di Dio non è contraria a questa vita, piuttosto è la sola capace di trasformarla: abbiamo bisogno di affinare la nostra vista, il nostro udito, abbiamo bisogno di purificare e rafforzare la nostra volontà e la nostra libertà, abbiamo bisogno di estendere le nostre capacità di accoglienza, di dedizione, di solidarietà, di incontro e di relazione, così da poter entrare con tutta la nostra umanità e la nostra storia nel cuore di Dio, nella comunione eterna delle Persone divine. Dio ci ha dato Maria come modello e come aiuto affinché comprendiamo che la meta del nostro cammino e il nostro destino è la vita di Dio, là dove sarà raccolto ed esaltato il tutto della nostra fragile ma nobile umanità.

La realtà di questo corpo destinato ad una pienezza di vita e di gloria richiama ancora una volta la dignità inviolabile di ogni persona, fatta “a immagine e somiglianza di Dio” (cf Gen 1, 27), qualunque sia la razza, il colore e la religione. E sottolinea la responsabilità che incombe su ogni uomo e donna di buona volontà nei confronti dei suoi simili. Abbiamo ogni giorno davanti agli occhi la disperazione e le tragedie di tanti profughi e migranti, costretti a lasciare la propria casa e il proprio Paese in cerca di libertà e sicurezza per sé e per i propri figli. Destano pertanto preoccupazione e sconcerto, insieme a viva riprovazione, parole e atteggiamenti di persone e comunità ecclesiali e civili che, anche sul nostro territorio, rasentano l’intolleranza e il razzismo quando si tratta di assicurare una regolata accoglienza e dare volto e mani al dovere della solidarietà e della cura nei confronti di ogni fratello e sorella in umanità. Come se i “buoni” stessero necessariamente da una parte (la nostra), e i “cattivi” fossero automaticamente quelli che vengono da fuori. A me e a tutti ricordo, senza ulteriori commenti, la parola severa di Gesù: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me» (Mt 25, 45). Non dimentichiamo che Dio glorifica chi lo ha glorificato in vita mediante il suo corpo, cioè con le opere generate dalla fede e che manifestano la fede, come ha fatto Maria.

Dopo la pausa estiva, che desideriamo per tutti come tempo di riposo e distensione ma anche come pausa rigenerante di silenzio e di riflessione, riprendiamo fiduciosi il pellegrinaggio dell’esistenza, nel tempo della festa e nel tempo del lavoro, in quello della sofferenza e in quello della gioia, sostenuti dalla beatitudine dell’ascolto del Signore, così da fare della nostra vita un cammino verso la beatitudine eterna con Maria e i santi, nella gloria di Cristo risorto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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