Per una Chiesa in servizio: offrire riparo. Conclusa la terza sessione dell’Assemblea Sinodale. Il prof. Andrea Riccardi: «Le nostre comunità sono chiamate a un volto simpatico, alla capacità di entrare in sintonia con la gente». Intervento Riccardi. Foto

Per una Chiesa in servizio: offrire riparo. Conclusa la terza sessione dell’Assemblea Sinodale. Il prof. Andrea Riccardi: «Le nostre comunità sono chiamate a un volto simpatico, alla capacità di entrare in sintonia con la gente». Intervento Riccardi. Foto

Per una Chiesa in servizio: offrire riparo. Conclusa la terza sessione dell’Assemblea Sinodale. Il prof. Andrea Riccardi: «Le nostre comunità sono chiamate a un volto simpatico, alla capacità di entrare in sintonia con la gente». Intervento Riccardi. Foto

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Per una Chiesa in servizio: offrire riparo. Conclusa la terza sessione dell’Assemblea Sinodale. Il prof. Andrea Riccardi: «Le nostre comunità sono chiamate a un volto simpatico, alla capacità di entrare in sintonia con la gente». Intervento Riccardi. Foto

Nel pomeriggio di sabato 25 marzo, a Cannaiola di Trevi presso i locali del Santuario del beato Pietro Bonilli, è stata avviata la terza sessione dell’Assemblea Sinodale che la nostra Chiesa diocesana sta celebrano in questo Anno pastorale 2016-2017. Dopo il saluto iniziale dell’Arcivescovo ai delegati nel Santuario del beato Bonilli e la recita della preghiera dell’Assemblea, c’è stato l’intervento del prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S. Egidio, che ha tracciato le linee guida del tema di questa sessione “Per una Chiesa in servizio: offrire riparo”. Riccardi, trevano di origine, quindi uno dei “nostri”, ha ricordato che la Chiesa è un noi e che è opportuno «essere insieme per servire questo popolo in un tempo di declino e di fuga individuale.

Foto-gallery di sabato 25 marzo 2017 / Foto-gallery Vespri al termine della seconda giornata, 26 marzo 2017

La Chiesa dice a noi cristiani di non pensare solo al proprio futuro individuale». Quindi l’invito ai delegati: cambiare lo sguardo abituale con cui guardiamo la nostra terra e ciò – ha detto – lo si può fare con «il collirio della compassione, che fa fermare prima di tutto accanto a chi è ferito dalla vita. I poveri ci insegnano uno sguardo di compassione. Tante volte non sappiamo amare». Un altro collirio da “acquistare” ha detto Riccardi è quello della simpatia che definisce i rapporti tra la Chiesa e il mondo. E ha citato i due grandi Papi del Concilio Vaticano II: Giovanni XXIII, che l’ha aperto, ha rappresentato la simpatia della Chiesa dopo che era stata troppo difensiva; Paolo VI, che lo ha chiuso, ha espresso la simpatia nel senso di “soffrire con”, cioè una Chiesa capace di partecipare alle gioie e alle angosce del mondo. «Le nostre comunità, allora, sono chiamate a un volto simpatico, alla capacità di entrare in sintonia con la gente, che poi richiede nel tempo partecipazione e attenzione. Chi vive la simpatia è un evangelizzatore. Perché evangelizzare non è fare lezioni o prediche…ma è essere persone che sanno essere amiche degli altri. Un popolo di amici degli altri trasmette la misericordia del Vangelo, suscita la fede, aiuta a trovare un senso. La Chiesa, attraverso un popolo di amici, è una rete che libera dal senso del declino e della disperazione. Se siamo amici degli uomini e delle donne di questa terra, amici dei poveri, possiamo cambiare o migliorare la vita di questa terra: per dirla con i Salmi, possiamo svegliare l’aurora sulle città e i villaggi, nella vita di gente spenta o occupata solo di sé». La relazione intera del prof. Riccardi è allegata a questo articolo. Al termine i delegati si sono suddivisi nei soliti quindici gruppi per affrontare il tema di questa terza sessione. 

La giornata di domenica 26 marzo è iniziata con la celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo nel santuario del beato Pietro Bonilli. Nell’omelia mons. Boccardo ha sottolineato l’importanza dei sette segni, o miracoli, di Gesù che si trovano nel Vangelo di– nella quarta domenica di Quaresima, chiamata Laetare, era presentata la guarigione del cieco nato – e con i quali il Figlio di Dio rivela la sua identità e fa capire ai discepoli chi lui fosse veramente. «I segni – ha detto il Presule – esprimono la vicinanza di Dio all’umanità, soprattutto verso quella indebolita dalla malattia o dal peccato. A noi sta accoglierlo nella persona di Gesù come ha fatto il cieco nato o respingerlo come i farisei che non gli credevano. Anche noi che siamo qui a celebrare l’Assemblea Sinodale abbiamo bisogno di luce – quella luce che rischiara l’oscurità, che libera dalla paura che ispirano le tenebre, che dà un orientamento e permette di riconoscere la meta e la via – per vedere Dio all’opera nelle nostre comunità, per operare in esse con semplicità, per trovare i giusti sentieri per portarvi il Vangelo. Signore – ha concluso mons. Boccardo – fa che io veda e non facci mai mancare la tua luce». Al termine della Messa il Vescovo si è così rivolto ai delegati all’Assemblea Sinodale: « Buon lavoro per questa terza tappa del nostro pellegrinaggio sinodale».  

La terza sessione dell’Assemblea Sinodale si è conclusa nel pomeriggio di domenica 26 marzo con la celebrazione del Vespro in Santuario. Nella breve omelia l’Arcivescovo, commentando la lettura biblica proposta dalla liturgia (Rm 6, 6-11), ha sottolineato come «nel nostro interno portiamo la tensione tra l’uomo vecchio, distrutto dal peccato, e l’uomo nuovo che è Gesù. Questa novità – ha detto – non la dobbiamo conquistare ma ci precede, è un dono di bontà e di misericordia, che va accolto con docilità e attenzione. È quindi necessario prendere coscienza di chi siamo e di questo dono che continuamente ci viene proposto. Solo nella misura dell’amicizia col Signore il nostro lavoro è fecondo, altrimenti è solo tecnica. Dobbiamo allora pensare a questa nostra Assemblea Sinodale come un modo per confermare la nostra appartenenza al signore e far crescere la santità personale». Al termine dei Vespri mons. Boccardo ha ringraziato i delegati per «la vostra generosità e disponibilità; è un investimento per le nostre parrocchie e la nostra Diocesi. È un po’ come arare il terreno e renderlo così pronto per accogliere il frutto, ossia le indicazioni che da questa Assemblea scaturiranno e che il Signore già conosce».   

 

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