Sabato Santo, 4 aprile, alle 22.30 l’Arcivescovo ha presieduto la grande Veglia Pasquale nella Cattedrale di Spoleto. Sono convenuti nella chiesa madre i parroci e fedeli delle parrocchie della Pievania di Santa Maria, ovvero quelli del Duomo, di S. Gregorio, di Santa Rita e dei Santi Pietro e Paolo. Per antichissima tradizione questa è la notte di veglia in onore del Signore, giustamente definita “la veglia madre di tutte le veglie” (S. Agostino). «Siamo venuti per proclamare – ha detto mons. Boccardo nel saluto iniziale – che “Il Signore è veramente risorto… E noi risorgiamo con lui”».
Foto-gallery Domenica di Pasqua
Foto-gallery Sabato Santo – Veglia Pasquale
Foto-gallery Venerdì Santo – Liturgia e Via Crucis
Foto-gallery Giovedì Santo – Messa in Coena Domini
Foto-gallery Mercoledì Santo – Messa Crismale
Foto-gallery Martedì Santo – Unzione degli Infermi
La successione dei simboli di cui è intessuta la Veglia esprime bene il senso della risurrezione di Cristo per la vita dell’uomo e del mondo: la liturgia della luce (benedizione del fuoco in Piazza Duomo e canto della luce: il cero pasquale era attorniato da quelli delle parrocchie di S. Gregorio, Santa Rita e Santi Pietro e Paolo); la liturgia della parola (le sette letture dell’Antico Testamento hanno richiamato la lunga strada che Dio, nella creazione del mondo, ha compiuto per il suo popolo e con il suo popolo); la liturgia battesimale (benedizione dell’acqua e rinnovo delle promesse battesimali); la liturgia eucaristica (vertice di tutto il cammino quaresimale e della celebrazione vigiliare). Durante la Veglia i fratelli e le sorelle della Comunità Neocatecumenale denominata “dei Santi Domenico e Francesco” di Spoleto, dopo aver camminato insieme in questi anni, hanno rinnovato solennemente, con tutto il popolo cristiano, le promesse battesimali perché la grazia del sacramento possa agire in tutti con maggiore pienezza e la fede possa crescere fino alla statura di Cristo.
«In questa Veglia pasquale – ha detto l’Arcivescovo nell’omelia – la Chiesa vuole dunque aiutarci a vivere più profondamente la morte e la risurrezione di Gesù; ad interiorizzare il Vangelo, ad entrare nella gioia del Regno. Possiamo così seguire con fiducia il Signore, senza più alcuna paura per la nostra vita e per la nostra morte; siamo liberi e felici perché battezzati».
Il mattino di Pasqua, invece, mons. Boccardo alle ore 9.00 ha presieduto la Messa all’Hospice “La Torre sul Colle” di Spoleto, santuario della sofferenza della città, come lo ha più volte definito il Presule. Alle 11.30, ha presieduto il solenne pontificale in Cattedrale, animato nel canto dalla Cappella musicale del Duomo. La liturgia della Messa ha aiutato i fedeli che gremivano il Duomo ad entrare meglio nel mistero: “Alleluia! Questo è il giorno che ha fatto il Signore, alleluia, rallegriamoci e in esso esultiamo! Cristo è risorto dai morti; a tutti ha donato la vita, alleluia!”.
«La Pasqua – ha detto l’Arcivescovo nell’omelia – può darci una gioia superficiale, inconsistente, formale, se la stacchiamo dalla croce. Gesù risorto è il Crocifisso, la risurrezione non cancella il passato, non cancella la legge della croce. Piuttosto, ci svela in pienezza quella vitalità, quell’acqua viva, quella luce tersa, quell’amore assoluto che ha abitato l’esistenza terrena di Gesù e risplende nella sua morte di croce. La Pasqua ci svela che morte e vita abitano la nostra quotidianità, ma con la certezza che è la seconda, la vita, a trionfare. Entri dunque in noi la Pasqua di Gesù – ha proseguito mons. Boccardo -, risvegliandoci se siamo assopiti; penetri in noi pervadendo e trasformando la nostra vita forse stanca, forse un po’ sfiduciata; ci richiami a una vita diversa, superiore e futura. Per il cristiano che crede, questa festa è luce, speranza, gioia profonda, pace, come lo fu per i primi testimoni del Risorto». Nel giorno della risurrezione di Gesù Cristo, il pensiero dell’Arcivescovo non poteva non andare a chi vive situazioni di disagio: «Preghiamo il Signore – ha detto – perché la pace, dono del Risorto, possa raggiungere oggi il cuore e la vita degli ammalati, dei sofferenti, delle persone disagiate, smarrite, abbandonate, di molti increduli alla ricerca di una via di uscita per dare un senso ai loro giorni vuoti». Poi, il ricordo di quei cristiani che vivono nelle regioni scosse e ferite dall’odio, dalla violenza e dalla guerra, spesso frutto degli interessi dei cosiddetti “grandi”. «Il Risorto – ha sottolineato mons. Boccardo – doni forza, consolazione e difesa ai nostri fratelli che, per il solo fatto di essere cristiani, subiscono persecuzione e violenza e vengono barbaramente trucidati, nell’indifferenza calcolata e falsamente prudente di quanti credono di reggere le sorti delle nazioni e dei popoli».
Il Venerdì Santo, venerdì 3 aprile, la Chiesa ha commemorato la passione e la crocifissione di Gesù Cristo. L’Arcivescovo ha presieduto tale azione liturgica nella Basilica Cattedrale di Spoleto con i parroci e i fedeli delle parrocchie della Pievania di S. Maria. Nell’omelia mons. Boccardo ha sottolineato la grandezza del mistero di un Dio Crocifisso, fatto umanamente difficile da comprendere.
«Eppure – ha detto il Presule a quanti erano in Duomo – questo è lo spettacolo della croce, la rivelazione di Dio. Il Crocifisso ci rivela il volto di Dio. La conoscenza del vero Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, misericordioso e pieno di amore e di bontà, passa per la conoscenza del volto del Crocifisso. Se pensiamo Dio soltanto con i nostri concetti umani, se lo immaginiamo come colui che detiene al massimo grado tutta la potenza, tutto l’onore, tutta la gloria, tutto il diritto, come colui che potrebbe rivendicare la signoria di tutta la terra, siamo come la gente comune e i capi del racconto evangelico, che dicono: Dio non può rivelarsi nella morte di croce. Invece, Dio amore, bontà, misericordia, si rivela proprio con questo linguaggio. La vera onnipotenza è quella capace di annullarsi per amore, di accettare la morte per amore. E noi chiediamo questa sera – ha proseguito il Presule – che attraverso l’adorazione della croce ci sia dato di giungere alla conoscenza di Dio. Perché la memoria cristiana è sempre memoria della croce; Gesù oppone perennemente la potenza disarmata del suo amore alla prepotenza ottusa del mondo».
La croce è l’apice della storia di Dio e dell’uomo. «E il grido di Gesù in croce – ha detto ancora l’Arcivescovo – contiene tutte le notti, tutte le morti, tutte le grida dell’uomo peccatore e lontano da Dio, tutte le grida dei giusti oppressi, tutte le grida di invocazione, di angoscia, di impotenza, di disperazione, tutte le grida di fiducia e di speranza. Il grido del Crocifisso dice che Dio interviene nella storia proprio quando accettiamo il rischio di giocarci per amore, come Gesù ha fatto senza riserve». La croce allora invita i cristiani a rivedere con coraggio la qualità della fede, i criteri che ispirano i rapporti con gli altri, la dedizione al perdono, il modo di pregare e di intercedere.
La sera alle 21.00 l’Arcivescovo ha presieduto la Via Crucis dalla chiesa di S. Gregorio alla Cattedrale: percorrendo le strade del centro storico di Spoleto, mons. Boccardo, i preti e i numerosi fedeli non sono stati semplici spettatori ma, con la preghiera e la riflessione, hanno accompagnato Gesù verso il Calvario: in lui condannato a morte è stato riconosciuto il Signore della gloria e il Giudice universale; in lui carico della croce, il Salvatore del mondo; in lui crocifisso, il Figlio stesso di Dio. I testi delle meditazioni erano tratti da alcuni scritti del beato Paolo VI.
Giungendo al termine, prima di lasciare posto all’adorazione personale della croce in Cattedrale, sulla piazza, l’Arcivescovo ha voluto sottolineare il gesto straordinario di Gesù: donare la vita gratuitamente affinché gli uomini fossero riconciliati con il Padre e potessero, a loro volta, avere la vita. Un’operazione umanamente incomprensibile che, però, denota la misura dell’amore di Dio. «Tornando alle nostre case – ha detto mons. Boccardo – vogliamo portare negli occhi e nel cuore questa immagine: Gesù inchiodato sulla croce con le braccia spalancate. Braccia, le Sue, che si allungano per raggiungere tutti noi che stiamo qui, per farci gustare la tenerezza di Dio; ma anche per abbracciare tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito, per dare consolazione e speranza, forza e sostegno. E come non pensare particolarmente, proprio stasera, a tutti quei discepoli di Gesù che sono perseguitati e uccisi solo perché sono cristiani: non possiamo essere indifferenti come le lo sono le grandi potenze, coloro che reggono in mano le sorti del mondo. Di fronte a tale ingiustizia, a questa barbarie, non possiamo essere insensibili perché sentiamo che sono nostri fratelli, come noi discepoli del Signore Gesù. E, sì, noi facciamo sentire la nostra voce; ma è più importante che facciamo sentire la nostra preghiera: una preghiera di solidarietà e di condivisione verso coloro che firmano con il sangue la loro fedeltà al Signore; e una, ancor più coraggiosa, per coloro che sono i loro persecutori, facendo nostra la parola di Gesù, “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”. È in questa catena di solidarietà e di preghiera che anche noi vogliamo dire di ‘no!’ alla violenza, all’odio, alla vendetta, alle ingiustizie, cominciando dalla nostra vita di ogni giorno, dalle azioni nel nostro piccolo. Sappiamo che, dalla croce, Gesù ci dice che il bene è comunque più forte, che la vita è sempre vittoriosa, che il male e la morte possono essere sconfitti. E dice, a ciascuno di noi, “comincia tu!”».
Messa in Coena Domini. «Quando sul Calvario Cristo ha dato la vita per noi, l’acqua e il sangue sono usciti dal suo costato: la terra degli uomini è stata lavata e i cuori vivificati. E da quel giorno, noi possiamo sedere a mensa con il Signore, eredi del suo testamento d’amore». Con queste parole l’arcivescovo mons. Renato Boccardo ha concluso l’omelia della Messa in Coena Domini, celebrata nella cattedrale di Spoleto giovedì 2 aprile. Questa liturgia inaugura il Triduo pasquale e, in essa, si ricorda l’Ultima Cena del Signore con i discepoli, ai quali consegnò, dopo avergli lavato i piedi, il comandamento dell’amore, quell’amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi di cui parla il Vangelo di Giovanni. In questa occasione, Gesù istituì i sacramenti dell’Eucaristia e dell’Ordine Sacro.
Con il Presule hanno concelebrato i parroci delle parrocchie della Pievania di S. Maria, ovvero di S. Gregorio e della Cattedrale, di Santa Rita e dei Santi Pietro e Paolo. La liturgia è stata animata nel canto dai cori riuniti delle suddette parrocchie. Il servizio all’altare è stato curato dai seminaristi e dal gruppo dei ministranti. All’inizio della celebrazione una coppia di sposi anziani, dei genitori con bimbi da battezzare e un gruppo di cresimandi – idealmente rappresentanti di tutte quelle persone che in questo anno riceveranno gli olii nelle varie parrocchie della Diocesi – hanno deposto nei pressi dell’altare maggiore tre anfore contenti gli olii benedetti la sera del mercoledì Santo: quello degli Infermi (per le persone sofferenti e malate), quello dei catecumeni (usato nel Battesimo) e il Crisma (usato nel Battesimo, nella Cresima e nell’Ordine Sacro). Il rito della lavanda dei piedi è stato ripetuto dall’Arcivescovo – che, come fece Gesù, si è cinto il grembiule – a dodici uomini.
Al centro di questa solenne liturgia, dunque, ci sono l’acqua e il sangue, due segni con i quali Gesù ci lava con la con la sua tenerezza e ci vivifica con il suo sangue. «La lavanda dei piedi – ha detto l’Arcivescovo nell’omelia – ce ne rivela la prima dimensione. Il Maestro cinge un grembiule. Il Signore si fa servo. Il Figlio di Dio assume l’aspetto di uno schiavo…Che cosa fare di fronte a Dio inginocchiato davanti a noi? Un vero dramma scu
ote il cuore di Pietro e il nostro, e un profondo disagio si legge negli occhi dei discepoli e nei nostri. Perché questo gesto di Dio, compiuto con la sovrana libertà di un’umiltà che trabocca di tenerezza, rompe ogni vanità, rovescia ogni fierezza, smonta ogni sufficienza. Ma questa è la verità. E da venti secoli la Chiesa intera – ha proseguito il Presule – evoca questo momento: non si può più dimenticare un Dio che si è fatto a tal punto umiltà e carità. Scopriamo allora, stupiti e meravigliati, che al di là delle attrazioni ingannevoli e delle soddisfazioni esteriori, una cosa ci impressiona e ci piace più delle altre: niente è più amabile di un essere che ama; nulla è più credibile di un uomo che serve. E nulla è più gratificante per i nostri cuori di quando anche noi sappiamo agire nei confronti degli altri come Gesù ha agito con noi: servire con amabilità, nella propria famiglia, nel proprio ambiente di lavoro; servire l’uomo, il mondo, la vita».
L’altro dono della Messa in Coena Domini è il corpo di Cristo spezzato e il suo sangue versato. Infatti, dopo aver lavato i piedi dei discepoli, Gesù ha dato loro il pane e il calice dicendo: “Questo è il mio corpo, offerto per voi. Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, versato per voi”. «È il momento della contemplazione: Gesù – ha detto ancora mons. Boccardo – non solo ci ha donato il suo tempo, la sua compassione, la sua luce, la sua verità, la sua pace. Ci ha dato se stesso. Ha riscattato le nostre povere vite a prezzo della sua vita. Non solo si è consegnato per noi nelle mani dei nemici; per noi ha versato il suo sangue…E la morte, in tutte le sue manifestazioni, è stata sconfitta».
Dopo la comunione, il pane consacrato in questa cena del Signore è stato portato dall’Arcivescovo – accompagnato processionalmente dai preti concelebranti e dai bambini che riceveranno prossimamente la prima comunione – all’altare della reposizione nella cappella del Santissimo Sacramento. Mons. Boccardo ha deposto la pisside entro il tabernacolo aperto. È stata, quindi, avviata l’adorazione protratta fino alla mezzanotte e animata, a turno, dai fedeli delle parrocchie della Pievania di S. Maria.
Messa Crismale. Mercoledì 1° aprile, Mercoledì Santo, l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto, nella Basilica Cattedrale di Spoleto, la Messa Crismale. Questa celebrazione sottolinea l’unità della Chiesa locale raccolta intorno al proprio al Vescovo: erano presenti, infatti, tutti i presbiteri della diocesi di Spoleto-Norcia, i quali hanno rinnovato le promesse fatte nel giorno della loro ordinazione sacerdotale. Mons. Boccardo durante la Messa ha consacrato gli olii santi che verranno usati nelle parrocchie per la celebrazione dei sacramenti: il Crisma, usato nel Battesimo, nella Cresima e nell’Ordinazione dei preti e dei vescovi; l’Olio dei Catecumeni usato nel Battesimo; l’Olio degli Infermi usato per l’Unzione delle persone sofferenti e malate.
Una preghiera particolare è stata fatta per i sacerdoti tornati alla Casa del Padre nell’ultimo anno: don Giulio Martelli, cpps, don Ezio Campagnani, don Eusebio Severini, don Angelo Corona, don Luciano Nanni e don Giovanni Marchetti. A loro è stato associato il ricordo orante dell’arcivescovo Antonio Ambrosanio, morto esattamente venti anni fa (7 febbraio 1995). Sono stati ricordati anche gli anniversari significativi di alcuni presbiteri: 50 anni di sacerdozio di don Giuliano Medori e dell’agostiniano padre Mario De Santis; 65 anni di don Baldino Ferroni, di don Sante Quintiliani e dell’agostiniano padre Remo Piccolomini; 70 anni di sacerdozio di don Aldo Giovannelli e 79 anni dell’agostiniano padre Luigi Giuliani che quest’anno festeggia 102 anni di età.
Nell’omelia mons. Boccardo ha ricordato ai “suoi” preti che «se il Signore ci manda per questo “oggi” del mondo non mancherà di farci vedere, passo dopo passo, quali strade dobbiamo percorrere e quali scelte dobbiamo operare. È vero – ha proseguito – che non di rado ci domandiamo se i nostri cammini apostolici siano giusti o se siano i più efficaci e se e come debbano essere rinnovati. Ma viene certamente dal Maligno quel senso di confusione o di amarezza o di frustrazione che talora ci agita e ci fa perdere la serenità dell’impegno nel momento presente. Mentre è dono e consolazione dello Spirito la fiducia che il Signore ci sta guidando qui e ora, anche nella nebbia e nella notte, e che sarà lui a correggere e a pilotare i nostri cammini quando li compiamo con fiducia totale nella sua guida e nel suo mandato. Fedeli laici, diaconi, sacerdoti, vescovo: è Cristo stesso che ci domanda di non fondare i nostri progetti parrocchiali e diocesani sulle sole nostre forze, sempre e comunque insufficienti. Tutto ciò che intraprendiamo deve essere fondato sulla fede in Colui che tutto può (cf Fil 4, 13)».
Poi, un passaggio sull’importanza della fraternità tra sacerdoti: «La nostra missione – ha detto l’Arcivescovo – non è impresa personale di qualche eroe solitario o di qualche funzionario competente; essa è piuttosto un frutto della comunione ecclesiale che deve trovare nella comunione nel clero un punto di riferimento simbolico convincente. Non c’è dubbio, infatti, che sono i preti in fraternità visibile tra loro e con il vescovo i primi attori dell’unità della Diocesi. Lo sono per il loro ministero…ma lo sono anche per la loro disponibilità, vissuta generosamente in luoghi e modalità differenti, annunciando lo stesso Vangelo, celebrando gli stessi sacramenti, manifestando la stessa solidale carità per il bene di tutti. Per questa disponibilità – ha concluso mons. Boccardo – per il vostro impegno quotidiano, per la vostra vita donata al servizio di Dio e degli uomini, vi esprimo, cari fratelli sacerdoti, la mia gratitudine personale e quella di tutti i fedeli della Diocesi».
Martedì Santo. Nel pomeriggio di martedì 31 marzo, Martedì Santo, l’Arcivescovo ha presieduto la Messa nella Cappella del Sacramento della Cattedrale di Spoleto ed ha amministrato il sacramento dell’Unzione degli Infermi ad un gruppo di persone delle parrocchie della Pievania di S. Maria (Duomo, S. Gregorio, Santi Pietro e Paolo e Santa Rita). Con il Presule hanno concelebrato: mons. Luigi Piccioli, parroco della Cattedrale e di S. Gregorio, don Jozef Gercàk, parroco coadiutore della Cattedrale e di S. Gregorio, don Edoardo Rossi, parroco dei Santi Pietro e Paolo. Il servizio all’altare è stato svolto dai seminaristi.
Nell’omelia mons. Boccardo ha ricordato come la paura della sofferenza e della morte sia del tutto naturale. In fondo anche Gesù, pur essendo consapevole a ciò che andava incontro, era turbato e aveva paura di dover soffrire e poi morire. «Tutti noi – ha detto il Vescovo – pensiamo alla morte, a come sarà, a quando sarà, ma subito cerchiamo di allontanare questo pensiero. La morte è la conseguenza del peccato, di quell’equilibrio rotto tra Dio e l’uomo che provoca la ferita della limitatezza. Anche Gesù ha avuto paura, ma alla fine ha detto: “Padre, non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. Siamo impreparati alla sofferenza e alla morte, ma Gesù ci dice di rimanere tranquilli perché lui ci è passato prima di noi. E allora – ha proseguito il Presule – l’Unione degli Infermi serve per rendere forte l’uomo nell’affrontare la sofferenza e la malattia, per avere la consolazione del Signore e non perché l’ora della morte è vicina. È un offrire a Cristo la mia malattia, la mia sofferenza anche piccola, certo che nulla viene sprecato e che a tutto Dio dà un grande significato».
Domenica delle Palme. La Domenica delle Palme nella Chiesa di Spoleto-Norcia è stata caratterizzata, oltre che dal solenne pontificale presieduto dall’arcivescovo mons. Renato Boccardo nella Cattedrale di Spoleto, dalla Giornata diocesana dei giovani e dalla Festa dei fidanzati.
Il pomeriggio di sabato 28 marzo, nella parte alta del centro storico di Spoleto (Piazza Duomo, Piazza della Signoria, Piazza Campello, chiesa di S. Filippo) circa 300 giovani, provenienti da varie parrocchie della Diocesi, hanno partecipato alla XXX Giornata Mondiale dei Giovani diocesana dal tema “Scatenate la gioia”. È stata la prima tappa del percorso che condurrà i giovani spoletani-nursini, insieme a quelli di tutto il mondo, alla Giornata Mondiale della Gioventù nel 2016 a Cracovia (Polonia). Gli animatori della pastorale giovanile, coordinati da suor Anna Maria Lolli, hanno impersonato alcuni Santi della gioia, raccontando ai ragazzi, suddivisi in gruppi, la storia di questi grandi personaggi, tra i quali: S. Pietro, S. Benedetto, S. Ponziano, Santa Rita, Santa Chiara, Santa Giovanna d’Arco, Beata Teresa di Calcutta, S. Giovanni Paolo II, S. Paolo, Beato Pier Giorgio Frassati. Nella chiesa di S. Filippo, poi, c’è stato un momento di preghiera, con adorazione della croce, guidato dall’Arcivescovo. Mons. Boccardo ha illustrato il mistero della Pasqua e il significato della croce di Gesù. La giornata, che ha reso entusiasti i ragazzi e contenti i parroci, si è conclusa con una cena alla Terrezza Frau.
Domenica 29 marzo l’arcivescovo Boccardo ha presieduto il solenne pontificale in Cattedrale. La liturgia è iniziata in Piazza Duomo con la benedizione dei rami di ulivo. Poi, processionalmente, si è entranti in chiesa per il prosieguo della Messa, caratterizzata dalla lettura della Passione di Gesù. Nel pomeriggio, invece, a Cannaiola di Trevi il Presule, insieme all’equipe della pastorale familiare della Diocesi guidata da don Sem Fioretti e dai coniugi Cristina e Roberto Mariottini, ha incontrato i fidanzati che nell’anno pastorale in corso (2014-2015) hanno partecipato o stanno ancora partecipando ai percorsi in preparazione al matrimonio. Prima della celebrazione eucaristica della Domenica delle Palme, i fidanzati hanno intervistato mons. Boccardo. La prima domanda è stata: “Come il Vescovo vede noi che stiamo per celebrare il matrimonio?”. «Voi – ha riposto – state mettendo in ballo la vostra vita. Scegliere lui/lei vuol dire mettersi nelle mani dell’altro/a, condividere tutto, anche i limiti. Sono ammirato dalla ricchezza del vostro gesto. Non dimenticate mai che Dio ha pensato a voi due insieme da sempre, prima ancora che vi conosceste». Poi, è stato chiesto all’Arcivescovo cosa si aspetta la Chiesa da queste nuove famiglie. «La comunità cristiana – ha risposto – vi chiede semplicemente di portare avanti ciò che avete scelto e di far vedere che volersi bene è possibile, che fare famiglia è bello, che il vostro amore può essere un contributo fecondo per la società e per la Chiesa». Alla domanda sul perché falliscono così tanti matrimoni, mons. Boccardo ha detto che «un matrimonio che finisce è sempre una tragedia. Vi chiedo, allora, di ripensare ogni giorno alle motivazioni iniziali della vostra storia insieme, di instaurare tra di voi una comunicazione vera, di trovare lo spazio per la preghiera di coppia, di partecipare alla Messa domenicale, di costruire solide amicizie». Al termine della Messa nel santuario del beato Pietro Bonilli, l’Arcivescovo ha consegnato a ciascuna coppia di fidanzati una pergamena con scritta la seguente preghiera: “Signore Dio, sorgente di carità/nel tuo provvidenziale disegno/chiami ed ispiri questi tuoi figli/a divenire l’uno per l’altro segno del tuo amore./Conferma il proposito del loro cuore,/perché nella reciproca fedeltà/e nella piena adesione al tuo volere/giungano felicemente al sacramento nuziale./Per Cristo nostro Signore./Amen”.