Gli operatori pastorali insieme a Roccaporena con il dott. Punzi, consulente di Caritas italiana: «L’altro è colui che mi svela la mia identità»

Gli operatori pastorali insieme a Roccaporena con il dott. Punzi, consulente di Caritas italiana: «L’altro è colui che mi svela la mia identità»
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Gli operatori pastorali insieme a Roccaporena con il dott. Punzi, consulente di Caritas italiana: «L’altro è colui che mi svela la mia identità»

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Gli operatori pastorali insieme a Roccaporena con il dott. Punzi, consulente di Caritas italiana: «L’altro è colui che mi svela la mia identità»
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Domenica 15 marzo, Roccaporena ha ospitato la seconda giornata dell’Anno 2014-15 per gli operatori pastorali dell’Archidiocesi di Spoleto-Norcia. Ancora una volta, a guidare la riflessione è stato il dott. Ignazio Punzi, consulente di Caritas Italiana per le attività di formazione. Tema della giornata: le dinamiche dell’incontro, nell’ambito della discussione più grande, iniziata con l’appuntamento dello scorso autunno “Per una Chiesa in uscita”. Come ci si accosta il cristiano di oggi alla comunità? Con quale idea?

 

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Anzitutto, è necessario abbandonare il criterio pastorale del “Si è sempre fatto così” per abbracciare quello di “Cieli nuovi e terra nuova”. Si parla di rinnovamento, di vita che si rigenera attraverso le esperienze che la plasmano e con il mutare dei rapporti. L’altro è colui in cui ci si specchia e ci si definisce: aprirsi e accoglierlo nella propria vita è l’esperienza fondativa della spiritualità. Spesso, siamo colti dalla paura di avvicinarlo e, dunque, occorre scegliere: vogliamo una vita orientata alla paura del confronto o alla fiducia? La rivoluzione di Gesù, quella narrata dal Vangelo, è che, al centro, non c’è la religione ma c’è l’altro, c’è l’uomo. E noi riusciamo a farci ‘prossimi?’. Per farlo, dobbiamo uscire, cioè abbandonare l’autoreferenzialità. La vita mi parla dell’escluso, il prossimo non ce lo scegliamo ma è colui che ci viene posto al fianco. La comunità più vera è fatta di persone che non si scelgono perché è proprio con queste che siamo chiamati a condividere quei sentimenti così profondi che chiamiamo “amore”. Superare i propri confini: questa è la spiritualità dell’incontro! Lo straniero è il luogo della rivelazione: la mia identità, il mio nome è rivelato sempre dall’altro. Ciò, però, a condizione che si accetti la ferita che mi viene impartita da questo ‘straniero’. E, allora, la comunità diviene l’ambito in cui acquisiamo la nostra identità, è la ‘culla’.

Dopo un momento di riflessione personale e di riflessione in piccoli gruppi su “quali sono le situazioni che si fa fatica ad avvicinare, sia individualmente che in ambito comunitario”, la mattinata si è conclusa con la celebrazione eucaristica, presieduta dall’arcivescovo Boccardo. E, nell’ambito del rivedere il proprio essere cristiani, della “manutenzione da compiere nelle proprie relazioni” – così come l’aveva definita il dott. Punzi – il presule ha affermato: «Davanti a Cristo siamo chiamati a definirci. La croce provoca: “Da che parte stai?”. Sotto la croce di Gesù, ci sono tante cose: da una parte, le tenebre; dall’altra, le opere di bene, l’accoglienza. Siamo chiamati a scegliere dove orientarci. Non ci sono mezze misure per il cristiano». E, ancora: «Conosciamo il Vangelo? Lo sappiamo vivere? Quale influenza ha nella nostra vita? Bisogna avere il coraggio di dire sì, quando c’è da dire sì, e no, quando c’è da dire no. Il grigio, la mediocrità non appartiene al cristiano. In questo tempo, siamo invitati a rivedere il nostro essere cristiano, per non arrivare sterili alla celebrazione della santa Pasqua».

Nel pomeriggio, gli operatori pastorali si sono riuniti in gruppi di lavoro che sono poi terminati con l’assemblea plenaria.

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