Celebrata la Veglia di Pentecoste in Duomo. L’Arcivescovo: «Sentiamo il dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna»

Celebrata la Veglia di Pentecoste in Duomo. L’Arcivescovo: «Sentiamo il dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna»

Celebrata la Veglia di Pentecoste in Duomo. L’Arcivescovo: «Sentiamo il dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna»

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Celebrata la Veglia di Pentecoste in Duomo. L’Arcivescovo: «Sentiamo il dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna»

Nel tardo pomeriggio di sabato 22 maggio 2021 l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo ha presieduto nella Cattedrale di Spoleto la Solennità di Pentecoste, in cui si celebra la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli riuniti insieme nel Cenacolo. Con la Pasqua e il Natale costituisce una delle feste più importanti del calendario liturgico, e segna l’avvio della chiamata missionaria della Chiesa. Il Presule ha conferito il sacramento della Confermazione ad un gruppo di adulti, provenienti da diverse comunità parrocchiali della Diocesi.

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Nell’omelia il presidente della Conferenza episcopale umbra ha sottolineato come la Chiesa abbia ricevuto da Cristo il compito di unire le genti, di qualsiasi etnia e razza. «Un compito che può assolvere – ha detto mons. Boccardo – in quanto è guidata, animata, vivificata, resa santa dallo Spirito di Dio, che è il “soffio di vita” immesso dal Creatore in ogni creatura, fatta a sua immagine e somiglianza (cf Gen 1, 26-27). Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione di questa dignità che, in quanto tale, deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese permette di affermare che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio». E qui mons. Boccardo si è detto preoccupato dall’aspro ed intenso dibattito circa un nuovo disegno di legge (Zan, ndr) che pretende di reagire ai reati di omotransfobia introducendo una norma che cancellerebbe il dualismo uomo-donna a vantaggio di un’auto percezione individuale per la quale non verrebbe neppure richiesta una forma di stabilità. «Una manovra – ha detto l’Arcivescovo – che appare non solo e non tanto concretizzare una più che legittima volontà di combattere ogni forma di violenza e di discriminazione, ma anche e soprattutto un tentativo di equiparare con altre esperienze affettive – attraverso un colpo di mano (anzi, di legge) – ciò che si fonda sulla complementarietà tra maschio e femmina. Con Papa Francesco ribadiamo che “ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza” (Amoris lætitia, 250). Alla luce di tutto questo – come ha affermato recentemente la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana – sentiamo il dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna. Ciò non significa che non si debbano accettare o accogliere le scelte diverse, le varie situazioni esistenziali. Però una legge deve tutelare le garanzie e i valori fondamentali. La distinzione fra uomo e donna esiste. Per chi è credente viene da Dio, chi non crede dice invece che viene dalla natura; ma una tale distinzione comunque esiste. Una legge che intenda combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna. Sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso. E noi rivendichiamo, ora e in futuro, il diritto di affermare apertamente e liberamente il nostro pensiero e la nostra visione di uomo e di società».

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