Pasqua di Risurrezione. «Cristo è risorto dai morti, a tutti ha donato la vita!» . È l’annuncio risuonato in tutte le chiese del mondo il giorno di Pasqua, domenica 24 aprile. È il grido di risurrezione lanciato duemila anni fa, che ha raggiunto lungo i secoli tutti i tempi, tutte le razze e le lingue, e non potrà mai più spegnersi nel cuore e sulle labbra dei credenti.A Spoleto l’Arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto il solenne pontificale nella Basilica Cattedrale, piena di fedeli. All’inizio della celebrazione il Presule ha asperso i presenti con l’Acqua Santa benedetta durante la Veglia della notte di Pasqua.
Foto-gallery festa dei fidanzati
Foto-gallery Via Crucis del Venerdì Santo
Venerdì Santo, la riflessione dell’Arcivescovo. «Venerdì della morte del Signore, giorno santificato una volta per tutte
nella storia dell’umanità da questo evento straordinario che la liturgia ci invita a contemplare e rivivere. Più nessuno nella storia potrà cancellare questo giorno. Certo, ci saranno sempre degli uomini che negheranno Dio, lo bestemmieranno e lotteranno per farne sparire dalla faccia della terra. E invece essi stessi scompariranno e nessuno potrà più far dimenticare agli uomini il Venerdì Santo. Le cose concentrate nella Croce di Gesù sono molte, troppe per poterle di dire in poche parole. C’è la sapienza di Gesù che critica la cattiva vita del mondo e la critica per mezzo di una obbedienza appassionata a Dio Padre e un amore fedele a tutti gli uomini. Allora è molto importante per noi guardare al Cristo crocifisso come a un testimone appassionato che Dio è il primo, che Dio è l’unico, che si deve dare o lasciare qualunque cosa pur di servire questo Dio. In questi nostri tempi così attraversati da odio, egoismo e violenza nulla è più evidente di questa Croce, dove splende, spalancato verso tutti, il cuore di Cristo che non per se ma per i fratelli ha affrontato la passione. La Croce è uno spettacolo di dolore, è una sintesi di sofferenza, ma è anche una pagina di verità. Per espiare il peccato del mondo non bastano le parole, ci vuole l’obbedienza che sa soffrire, l’amore che sa sacrificarsi. E allora da questi propositi la Croce non è affatto passata di moda. Il peccato c’è, anche se molti lo negano e molti altri preferiscono riderne. Il peccato c’è dinanzi a Dio e non ha perso nulla della sua tragica gravità. Perciò soltanto la Croce ci salva. Null’altro che la Croce di Cristo si oppone veramente e validamente alla realtà misteriosa del peccato. Vorrà dire, dunque, che le nostre sofferenze saranno assunte nella passione di Cristo e diventeranno a loro volta una barriera contro il peccato del mondo, una realtà che salva. Perché in quella Croce vanno a raccogliersi tutte le sofferenze visibili o ignote, tutte le lacrime, tutti i tormenti, tutte le angosce degli uomini, tutte quelle che l’umanità chiama abitualmente le sue croci. E questa fiumana di dolore, solo immergendosi nella Croce di Cristo ed entrando nel Suo dolore, trova un senso e una direzione di salvezza. Il Signore Gesù, che sa cosa vuol dire soffrire, prende i nostri dolori nei suoi, non ne sciupa nessuno, li rispetta tutti e li capisce. Oggi noi proclamiamo che c’è vittoria nella Croce, c’è sapienza nella Croce e nel medesimo tempo c’è un mistero profondissimo e altissimo di umiltà. Come discepoli siamo chiamati ad imitare Cristo Signore, umile e obbediente fino alla morte di Croce. E invece abbiamo ancora troppo amor proprio, troppo orgoglio da esprimere, siamo ancora troppo ombrosi e permalosi, insofferenti e pieni di rancore. L’umiltà di Dio che oggi guardiamo appeso ad una croce ha molto da insegnarci sul come vivere la vita di ogni giorno, su come amarci di più, su come portare con maggiore pazienza la Croce che spesso noi stessi siamo gli uni per gli altri. Impariamo allora dalla Croce di Dio, proviamo a fissarvi il nostro sguardo almeno per qualche minuto e lasciamo che giorno per giorno Gesù ci riveli qualche cosa del suo segreto. Sarà una scuola altissima di cristianesimo. In questo giorno in cui il silenzio avvolge questo mistero di sofferenza e di vita anche noi nel silenzio ci inginocchiamo: “Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo, perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo”».
Messa in Coena Domini. Giovedì 21 aprile l’Arcivescovo Boccardo ha presieduto nella chiesa di S. Nicolò di Spoleto la Messa in Coena Domini, nella quale Gesù, dopo aver lavato i piedi agli Apostoli, istituì l’Eucaristia e il sacerdozio ministeriale. «Oggi, Giovedì Santo, giornata grandissima nella storia degli uomini perché Gesù, sul punto di lasciarci, inserì nella civiltà umana il segreto della salvezza: la sua Eucaristia. Di tentativi per essere uomini riusciti noi ne abbiamo già fatti molti nelle nostre civiltà. Ogni epoca – afferma mons. Boccardo – ripropone modelli, speranze, modi diversi di essere uomo. Ogni epoca ripropone valori, ci dice che saremo degni di stare al mondo se saremo guerrieri o artisti, politici o tecnici, amministratori o gente dello spettacolo. In qualche maniera la ricerca non è mai finita. Ma da soli non possiamo trovare quella fisionomia definitiva di noi stessi che ci possa far dire: ecco ora sono veramente quello che devo essere. La verità è che non ci riusciremo mai. Perché è un altro l’uomo perfetto. È il Dio che si è fatto uomo. È Gesù che viene e vive la sua umanità ricca di verità e di amore, svolgendo in questo modo così diverso il mistero dell’esistenza, dando tanto rilievo alla generosità, alla dedizione, all’amore per Dio e per il prossimo. Quando Gesù viene la sua umanità passa in mezzo a noi che ne restiamo ammirati e scoraggiati nello stesso tempo. Guai se il Signore fosse passato in mezzo a noi e ci avesse lasciato solo la sua parola e il suo esempio. Egli ci ha lasciato se stesso. Ci ha dato la sua vita. “Io vi do un pane nuovo”, disse. “Il pane che vi darò è la mia carne sacrificata per la vita del mondo. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui; e come io vivo per il Padre, chi mangia e beve di me vivrà per me”. È un discorso sublime di trasmissione di vita. Noi che abbiamo bisogno di vivere per imparare ad essere uomini veri in questo mondo vediamo qui offerta a noi la vita attraverso questa comunione misteriosa e reale con l’uomo perfetto che è Gesù di Nazareth. Nel mistero del sacramento la sua vita passa a noi, passa a noi la sua mentalità, il suo sacrificio. E che cosa è questo sacrificio che passa, che ci viene trasmesso se non la potenza misteriosa che ci rende capaci di dedicarci a Dio e agli uomini? L’Eucaristia che oggi ricordiamo è atto fondamentale con cui Cristo si pone tra il Padre e noi e ci riconcilia nel suo amore sconfinato. Ora, quando ci nutriamo di Lui, ci appropriamo a poco a poco di questa forza meravigliosa di vita. E anche noi diventiamo capaci di guardare a Dio e ai fratelli con occhio rinnovato. Se capissimo l’immensa forza contenuta nell’Eucaristia, se capissimo la potenza della comunione con il Figlio di Dio davvero potremmo fare di questa nostra civiltà, di questo nostro mondo un luogo di amore e di bontà, di pace e di verità. È dunque questa la grande riflessione del Giovedì Santo. È oggi che Gesù dice: “Questo è il mio corpo, fate questo in memoria di me”. È anche il giorno in cui Cristo Signore, proprio per garantire agli uomini la continuità della sua presenza in mezzo a loro, rese alcuni uomini capaci di fare l’Eucaristia. Nasceva così il sacerdozio che prolunga nel tempo il ministero pastorale di guida e santificazione che Gesù ha esercitato. Nasceva così questo mistero nuovo, la Chiesa, nella quale, sempre, il Pane di Dio è riproposto. Cristo si offre continuamente come grazia, come vita, come cibo, come colui che entra in dialogo e in comunione vera e autentica con ciascuno di noi, come colui che prende la nostra libertà e la porta nella sua per eseguire, per realizzare il progetto di Dio. In tutta la storia umana non c’è mistero più grande di quello dell’Eucaristia. Beati noi se sappiamo capirlo, se sappiamo viverlo e trasformarlo in mistero di comunione e di fraternità. Entriamo dunque nel cenacolo, sediamo a mensa anche noi insieme con Gesù e con gli Apostoli, lasciamo che risuonino anche per noi le parole di Cristo: “Questo è il mio corpo dato per voi, questo è il mio sangue dato per voi, fate questo in memoria di me”. E adoriamo, nel silenzio e nella preghiera, il mistero dell’amore di Dio comunicato agli uomini».
Messa Crismale. La Chiesa è entrata nel vivo della Settimana Santa. In tutte le cattedrali e le parrocchie del mondo si ripercorrono, con la preghiera e il silenzio, gli ultimi momenti della vita pubblica di Gesù. Il primo grande appuntamento è stato la Messa detta “crismale” celebrata nella Basilica Cattedrale di Spoleto mercoledì 20 aprile. L’Arcivescovo, con il suo presbiterio, ha consacrato e benedetto gli oli per i sacramenti: il crisma, segno dello Spirito Santo effuso nel Battesimo, nella Cresima e nell’Ordine; l’olio dei catecumeni, che sostiene nella pacifica battaglia della fede la nuova creatura che rinasce dall’acqua e dallo Spirito; l’olio degli infermi, che consola nella sofferenza e conforta nella malattia. È stata una celebrazione che ha coinvolto tutta la comunità cristiana in un corale atto di lode, di supplica e di azione di grazie per il dono della vita di Dio comunicata agli uomini per mezzo dei segni sacramentali. Una preghiera particolare si è levata per quei sacerdoti che nel 2011 celebrano un anniversario significativo della loro ordinazione: Padre Luigi Giuliani, novantottenne, agostiniano di Cascia, ricorda 75 anni di ordinazione sacerdotale. Mons. Agostino Rossi, novantatreenne, già Vicario Generale dell’Archidiocesi, festeggia 70 anni di ordinazione presbiterale. Ricordano il sessantesimo anniversario della loro ordinazione: don Carlo Cardarelli, parroco emerito di Campello sul Clitunno; mons. Giovanni Marchetti, Canonico della Cattedrale di Spoleto; don Luciano Nanni, Canonico onorario della Cattedrale. Festeggiano il cinquantesimo: mons. Sergio Virgili e don Gaetano Conocchia, entrambi Canonici Onorari della Cattedrale. Infine, celebrano il venticinquesimo di messa: mons. Alessandro Lucentini, Parroco del Sacro Cuore in Spoleto, e padre Jhon Ouseph Pullan, vincenziano, che svolge il suo servizio pastorale nel territorio di Cascia.
Domenica delle Palme. Con la Domenica delle Palme – ricordo del trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino, osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma – la Chiesa ha avviato la Settimana Santa, il momento liturgico più significativo di tutto l’anno pastorale. In silenzio i cristiani ripercorrono gli ultimi momenti della vita pubblica di Gesù: la passione, la morte e la risurrezione.L’avvio di questo di tempo di grazia nell’Archidiocesi di Spoleto-Norcia, oltre alle varie celebrazioni nelle Parrocchie, è stato caratterizzato da tre momenti particolarmente significativi vissuti insieme all’Arcivescovo Renato Boccardo: la Giornata Diocesana dei Giovani, la celebrazione cittadina delle Palme e la festa dei fidanzati.
Sabato 16 aprile, nel pomeriggio, molti ragazzi e giovani della Diocesi si sono ritrovati nella basilica di S. Pietro extra moenia a Spoleto per vivere la giornata che la Chiesa dedica loro. Il messaggio di Papa Benedetto XVI per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù 2011 “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr. Col 2,7) è stato la bussola che ha orientato ogni momento vissuto: i giochi, la veglia di preghiera, la festa.
Domenica 17 aprile mons. Boccardo ha presieduto la celebrazione della benedizione delle Palme nella Basilica di S. Eufemia e il solenne pontificale nella Cattedrale di Spoleto. Il Presule nell’omelia ha ricordato come il testo della Passione sia uno dei più antichi riguardanti la vita di Cristo, redatto subito dopo l a Sua Ascensione al cielo. «È il centro e cuore della Sua missione», ha detto. «Nel testo ci sono scene diverse, personaggi vari che entrano in contatto con Lui. In essi ritroviamo la nostra immagine: anche noi critichiamo Gesù come fecero gli scribi e gli anziani, anche noi riconosciamo la sua grandezza come fece il centurione che disse “davvero costui è il Figlio di Dio”. In questo tempo forte abbiamo la possibilità di mettere ordine nella nostra vita, una vita nella quale siamo abili a presentarci per quello che non siamo, a cambiare “identità” in base alle circostanze. È questo il momento propizio per fare verità in noi stessi, per compiere un esame di coscienza, per chiederci dove vogliamo andare. La Settimana Santa che ci apprestiamo a vivere sia dunque un periodo di riflessione e di silenzio per poter poi ripartire con la novità della Pasqua».
L’ultimo appuntamento in programma nella Domenica delle Palme era l’incontro a Cannaiola di Trevi tra l’Arcivescovo e i fidanzati della Diocesi che hanno partecipato ai percorsi di preparazione al matrimonio nell’anno pastorale 2010-2011. Al di là di ogni previsione il numero delle coppie intervenute. Naturalmente soddisfatto il Direttore dell’Ufficio di Pastorale Familiare, don Sem Fioretti, e il suo staff. Mons. Boccardo ha parlato del fidanzamento come di un capitolo importante dell’esistenza umana. «Non è solo una cerniera tra la vita spensierata tipica del mondo giovanile e la formazione di una famiglia. È, invece, il tempo nel quale vengono pianificati i pensieri e le emozioni, nel quale si impara a sognare insieme. È il tempo della scelta: liberamente decidete di mettervi nelle mani dell’altro/a. Vi affidate a qualcun altro senza conoscere il cammino che vi aspetta, che Dio riserva per voi. Il fidanzamento è un dono particolare che porta frutti a lunga scadenza. Vivetelo bene, non sprecate questa occasione che non tornerà più. Dietro il vostro incontro – che può essere stato fortuito, favorito da amicizia comuni o da altro – c’è il progetto di qualcuno, Dio, che vi ha pensato insieme prima ancora che voi vi conosceste. Ricordatevi, ha proseguito mons. Boccardo, che nulla succede per caso, che la vostra storia è inserita in una più grande che Dio scrive giorno per giorno». Poi, il Presule ha espresso ai fidanzati la fiducia della Chiesa. «Cari ragazzi, ci fidiamo di voi. Il matrimonio che andrete a celebrare è un arricchimento per tutta la comunità cristiana. Vi auguro di sperimentare la presenza di Gesù attraverso un amore bello e fedele. Ricordatevi, ha proseguito, che c’è una comunità parrocchiale che vi attende a braccia aperte; ci sono le coppie che avete conosciuto nel percorso, le coppie-guida, disposte a darvi la loro amicizia. Sappiate che la Chiesa è casa vostra: abbiamo bisogno della vostra testimonianza. Siete attesi, il vostro posto c’è». Al termine delle relazione dell’Arcivescovo alcune coppie di fidanzati hanno testimoniato quanto vissuto nei percorsi di preparazione al matrimonio organizzati nei cinque vicariati dalla Pastorale Familiare. È emerso come questi momenti in principio siano vissuti come una sorta di catechesi obbligatoria. Poi, col passare degli incontri, la curiosità prende il posto del dubbio, il confronto sincero e aperto dello scoraggiamento. In alcuni casi questi percorsi sono serviti per riaccogliere a cuore aperto il Signore dopo un periodo di allontanamento. La benedizione delle Palme, la messa nel santuario del Beato Pietro Bonilli, lo spettacolo del gruppo Sbandieratori e Musici di Montefalco e la cena insieme hanno concluso il pomeriggio.