Moltissime persone hanno partecipato alle celebrazioni di Natale che l’Arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo ha presieduto nella cattedrale di Spoleto (la messa della notte) e nella concattedrale di Norcia (la messa del giorno) per rivivere la nascita di Gesù a Betlemme. È questo il mistero del Natale, al tempo stesso un fatto storico e un mistero.
«Si tratta – ha detto il Presule nell’omelia della notte in Duomo – di un bambino qualunque che nasce come tutti i bambini anche se in una cornice di estrema povertà e solitudine, da una donna sposata ad un uomo ma senza il suo concorso fisico. È un bambino che lungo gli anni manifesterà di non essere un uomo come gli altri, rivelando di essere Dio, il figlio di Dio venuto per congiungere in modo ormai irreversibile l’uomo con Dio. Non è soltanto un avvenimento di venti secoli or sono: ogni anno è Natale, ogni giorno è Natale. Se vogliamo, se restiamo aperti e disponibili alle gesta di Dio, se non ci chiudiamo in pregiudizi o in atteggiamenti orgogliosi di autonomia esasperata, Dio è sempre colui che viene, colui che si rivela e si fa capire».
Mons. Boccardo rivolgendosi agli spoletini presenti ha affermato che nel mondo c’è un orgoglio da vincere. «Non siamo noi i padroni assoluti di noi stessi, i costruttori solitari della nostra storia, gli inventori geniali del nostro destino. Siamo creature, usciti dalle mani di chi ha voluto farci esistere e che ora vuole farci rinascere ad una vita nuova, ad un rapporto più pieno con lui». L’Arcivescovo ha anche parlato di una certa pigrizia che l’uomo deve superare. «Siamo chiamati – ha detto – a decidere, a scegliere, a conquistare qualcos’altro che ci viene offerto come risposta alle attese più profonde e più vere del nostro animo, siamo chiamati a fare la fatica e lo sforzo per non deludere noi stessi». Infine, il 116° successore di S. Brizio ha sottolineato come nella società ci sia una paura da sfatare. «Non tutto in noi è visibile, garantito, misurato e pesato, e libero da sorprese: anzi, ciò che più ci attira è proprio ciò che sembra misterioso, ignoto, non assicurato. In realtà, siamo fatti per il nuovo, per il grande, per il rischio. Ma c’è sempre la paura di perdere, di non godere abbastanza, non si vuole aprire la mano per cogliere ciò che viene offerto lasciando andare ciò che ci sembra di stringere già».
La Chiesa, dunque, nel celebrare la nascita di Gesù ha invitato gli uomini e le donne a credere nell’avvento di una umanità ricreata a immagine di quel Bambino nato in una grotta a Betlemme, vittoriosa del male e della morte. «Natale – ha detto mons. Boccardo nell’omelia del giorno a Norcia – è credere che ogni essere umano vale più di tutti gli universi perché è amato da Dio; è credere che gli uomini possono diventare talmente lucidi e coraggiosi da preferire l’umiltà all’orgoglio, l’amore alla violenza, il servizio al dominio e allo sfruttamento, per costruire una società dove il denaro ed il successo non siano la misura di tutto, per mettere la potenza della tecnica al servizio della vera libertà. Natale è credere che nella storia, che in questa storia che noi viviamo, talmente segnata dalla sofferenza come un parto doloroso, l’ultima parola apparterrà alla vita e all’amore, perché la storia appartiene a Dio che è venuto ad abitare in mezzo a noi, con noi, per farci abitare in lui».