Triduo pasquale 2021: celebrata in Duomo la Veglia Pasquale. L’Arcivescovo: « Impariamo ad inserirci nei fatti del passato grazie alla presenza del Vivente». Foto e video.

Triduo pasquale 2021: celebrata in Duomo la Veglia Pasquale. L’Arcivescovo: « Impariamo ad inserirci nei fatti del passato grazie alla presenza del Vivente». Foto e video.

Triduo pasquale 2021: celebrata in Duomo la Veglia Pasquale. L’Arcivescovo: « Impariamo ad inserirci nei fatti del passato grazie alla presenza del Vivente». Foto e video.

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Triduo pasquale 2021: celebrata in Duomo la Veglia Pasquale. L’Arcivescovo: « Impariamo ad inserirci nei fatti del passato grazie alla presenza del Vivente». Foto e video.

VEGLIA PASQUALE. La sera di sabato 3 aprile 2021, alle ore 19.00, nella Basilica Cattedrale di Spoleto l’arcivescovo mons. Renato Boccardo ha presieduto quella che per antichissima tradizione è “la notte di veglia in onore del Signore” (Es 12, 42), definita da S. Agostino “la veglia madre di tutte le veglie”. Vegliare è un atteggiamento permanente della Chiesa che, pur consapevole della presenza viva del Signore, ne attende la venuta definitiva, quando la Pasqua si compirà nelle nozze eterne con lo Sposo e nel banchetto della vita (cf Ap 19, 7-9).

OMELIA ARCIVESCOVO 

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La successione dei simboli di cui è intessuta la Veglia esprime bene il senso della risurrezione di Cristo per la vita dell’uomo e del mondo:

  • La liturgia della luce: il mondo della tenebra è attraversato dalla Luce, il Cristo risorto, in cui Dio ha realizzato in modo definitivo il suo progetto di salvezza. In lui, primogenito di co-loro che risorgono dai morti (Col 1, 18), si illumina il destino dell’uomo e la sua identità di «immagine e somiglianza di Dio» (Gn 1, 26-27).
  • La liturgia della Parola: le 7 letture dell’Antico Testamento sono un compendio della storia della salvezza. Nella consapevolezza che la Pasqua di Cristo tutto adempie e ricapitola, la Chiesa medita ciò che Dio ha operato nella storia.
  • La liturgia battesimale: il popolo chiamato da Dio a libertà deve passare attraverso un’acqua che distrugge e rigenera. Tutta la Chiesa questa notte ha fatto memoria del suo passaggio pasquale e ha rinnovato nelle promesse battesimali la propria fedeltà al dono ricevuto e agli impegni assunti in un continuo processo di rinnovamento, di conversione e di rinascita.
  • La liturgia eucaristica: il popolo cristiano, rigenerato nel battesimo per la potenza dello Spirito, è ammesso al convito pasquale che corona la nuova condizione di libertà e riconciliazione.

L’omelia di mons. Boccardo. «Gesù risorto – ha detto l’Arcivescovo – non annulla il passato ma ne risuscita la memoria facendo nel suo corpo glorioso l’unità tra ieri e domani, tra ricordo e desiderio, tra tradizione e libertà». Ma oggi l’uomo sembra tentato di «credere che il domani sia un inizio assoluto che ha origine da noi stessi, un dispiegarsi autosufficiente di progetti e di interventi sul mondo e sulla società. Siamo talora tentati di pensare alla nostra libertà come ad un inizio autonomo che deve proiettarsi sulle cose, per trasformarle a propria immagine». E qui mons. Boccardo ha ricordato ai fedeli presenti e quelli collegati grazie alla diretta sui canali social della Diocesi lo slogan che imperversava durante la prima ondata della pandemia: “Andrà tutto bene!”. «Il passato – ha proseguito il Presule – è visto semplicemente come un tempo lontano, superato, da dimenticare, pieno di rimpianti, di tristezze o, al massimo, come un cumulo di esperienze che fanno da sfondo alle conquiste dell’oggi e del domani. L’uomo moderno si presenta volentieri come l’uomo senza memoria, senza passato, senza padre, contestatore per principio di ogni tipo di tradizione o limitazione che sembri vincolare la sua libertà. Troviamo una manifestazione di questo sentimento nella smania attuale – rilevabile in modi diversi a tutti i livelli – di tornare quanto prima alla situazione sociale ed ecclesiale pre-Covid. […] Impariamo, in questa veglia pasquale, a ricordare i fatti del passato attraverso i quali il Dio dell’alleanza, il Dio dell’amore misericordioso e fedele, ha assicurato la sua perenne presenza nella storia. Impariamo ad inserirci nei fatti del passato grazie alla presenza del Vivente, che è Signore di ogni tempo e nel quale raggiungiamo la presenza a tutte le cose su cui egli regna nella sua pienezza. Abbiamo bisogno di fare memoria in questo modo, inserendoci in Cristo, proprio in vista dei compiti che ci attendono. Sono i tanti problemi di ripresa, di crescita, di trasformazione, che dobbiamo affrontare in questo tempo, e molti di più quelli che ci attendono al termine – che speriamo non troppo lontano – di questo periodo di pandemia. Siamo chiamati ad allargare il respiro tradizionale, attingendo a pieni polmoni al vento dello Spirito, che è il dono pasquale del Risorto». Dopo la benedizione finale, Vescovo e presbiteri, si sono recato nella Cappella della Santissima Icone per il canto del Regina Coeli.

 

AZIONE LITURGICA NELLA PASSIONE DEL SIGNORE. Senza canto e musica, senza il segno della Croce, l’assemblea si è raduna in silenzio nella Cattedrale di Spoleto, venerdì 2 aprile 2021, per partecipare all’Azione Liturgica nella Passione del Signore presieduta dall’arcivescovo mons. Renato Boccardo. Con grande commozione, con l’altare spoglio e un linguaggio sobrio e ricco di silenzi, si è celebrato il Mistero pasquale dal quale la Chiesa è stata generata: non è un giorno di lutto o di sconfitta, ma una pausa nella quale si è invitati a contemplare il Crocifisso attraverso la proclamazione della Passione, l’adorazione della Croce e la comunione al Corpo di Cristo. Indicata come segno estremo di amore, la Croce ha fatto ingresso nell’assemblea, divenendo centro di venerazione. Ad ogni invito dell’Arcivescovo i fedeli hanno risposto: “Venite, adoriamo”. La colletta sarà destinata a sostenere i cristiani di Terra Santa, spesso osteggiati nella professione della loro fede e nella stessa loro presenza su quei territori.

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«Nella croce – ha detto mons. Boccardo nell’omelia – vediamo tutto il male del mondo, il dolore, l’ingiustizia, l’insensatezza, l’abbandono e la morte; in questo anno, particolarmente, vediamo tutta la tristezza, la paura, l’insicurezza generate in noi dalla pandemia. Ma Colui che chiamiamo nostro Salvatore e Signore di tutto questo si fa carico. Per noi, la salvezza che quanti lo scherniscono vorrebbero che egli compisse, sarebbe di evitare il male e la morte; pur di salvarci la vita, siamo disposti a tutto. Egli però segue un’altra via, ci salva amandoci e ponendosi a nostro servizio fino a perdersi. […] La croce ci libera dall’egoismo, offrendoci la possibilità di vivere finalmente da figli e da fratelli. Liberati dall’incubo della morte, possiamo vivere e morire, e possiamo comprendere il vero senso della vita: in ciò che credevamo la fine ci viene offerto il nostro fine. […] Vorrei che il bacio che deporrò fra poco a nome vostro sui piedi del Crocifisso – le consegne di sicurezza sanitaria non consentono che ciascuno lo faccia personalmente – fosse un segno di speranza. Perché se la fede è un cammino, bisogna aprire le strade a chi conosce la direzione. Se il dolore ti lascia al buio, la soluzione si trova in chi porta la luce. Se la croce indica fallimento e morte, il suo senso più vero è quello di proiettarsi dal buio del Venerdì santo al sole della domenica di Pasqua». La liturgia è terminata in silenzio, con la benedizione di Dio sul popolo che ha commemorato la morte di Gesù.

MESSA IN COENA DOMINI. Con la celebrazione della Cena del Signore, tenutasi giovedì 1° aprile 2021, è iniziato il Triduo pasquale della Passione, Morte e della Risurrezione del Signore, cuore di tutto l’anno liturgico. A Spoleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto la Messa in Coena Domini nella Basilica Cattedrale. In apertura della celebrazione, sono stati accolti gli Olii Santi che mons. Boccardo e i sacerdoti hanno benedetto nella Messa crismale che si è tenuta il 31 marzo: in essi si riconosce il segno del Signore che consacra, guarisce e salva. Questa Liturgia riunisce i cristiani per celebrare l’ultima Cena, durante la quale Gesù istituì “il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore” e il sacerdozio ministeriale per attuare il suo comando di perpetuare l’offerta della vittima di salvezza in sua memoria. La celebrazione ruota attorno a due gesti: Gesù lava i piedi ai discepoli e spezza il pane per loro e fa bere al calice del vino. Se il primo è un gesto inusuale che contraddistingue il Giovedì santo (quest’anno a causa del Covid-19 non si è tenuto, ndr), l’altro viene ripetuto di domenica in domenica e rappresenta un momento fondamentale per la vita della comunità cristiana. La colletta che è stata raccolta all’offertorio è destinata al sostegno dei seminaristi maggiori che si preparano al sacerdozio. La liturgia è stata animata dalla corale della Pievania di Santa Maria.

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L’acqua e il sangue: i due segni al centro del Giovedì Santo. «La sera in cui Cristo ha fissato l’ora della cena d’addio – ha detto mons. Boccardo nell’omelia – intravediamo la luce di un grande mistero che sottrae le nostre anime alla tenebra e i nostri cuori alla paura. Infatti, che cosa è l’amore se è limitato nel tempo? E che senso ha la vita se non è che un respiro? Dov’è l’acqua della gioia che nessuno può spegnere, dove il sangue che dona la vita? Da soli, non li potremmo trovare… L’acqua e il sangue: due segni posti nel cuore del Giovedì Santo, nel quale Gesù ci lava con la sua tenerezza e ci ridona vita con il suo sangue. Questa sera celebriamo un mistero di amore e di vita. Di un amore condotto fino alle estreme conseguenze; di una vita donata senza riserve».

«Nella lavanda dei piedi – ha proseguito il Presule – il Maestro cinge un grembiule. Il Signore si fa servo. E tutto ciò non prima di passare a tavola, ma nel corso della cena interrotta all’improvviso con un gesto tanto sorprendente quanto inatteso. […] Che cosa fare di fronte a Dio inginocchiato davanti a me? Un profondo disagio si legge negli occhi dei discepoli e nei nostri. Perché questo gesto di Gesù, compiuto con un’umiltà che trabocca di tenerezza, rompe ogni vanità, rovescia ogni fierezza, smonta ogni sufficienza. […] La cosa più sorprendente però è che, in questo modo, Cristo non nasconde la sua divinità, ma la manifesta. Perché solo la potenza dell’amore di Dio può effettivamente sopportare un tale abbassamento; solo la grandezza divina può dare senso ad un gesto tanto straordinario. Ma questa è la verità. E da venti secoli la Chiesa intera evoca questo momento: non si può più dimenticare un Dio che si è fatto a tal punto umiltà e carità. Scopriamo allora che al di là delle attrazioni ingannevoli e delle soddisfazioni esteriori, una cosa ci impressiona e ci piace più delle altre: niente è più amabile di un essere che ama; nulla è più credibile di un uomo che serve. E nulla è più gratificante per i nostri cuori di quando anche noi sappiamo agire nei confronti degli altri come Gesù ha agito con noi: servire con amabilità, nella propria famiglia, nel proprio ambiente di lavoro; servire l’uomo, il mondo, la vita».

Non si è tenuta la processione dei fedeli per la reposizione del Santissimo Sacramento. Le condizioni straordinarie causate dalla pandemia nelle quali si vive questa Pasqua non hanno consentito di prolungare nella serata l’adorazione dell’Eucaristia, secondo la tradizione. Al termine della Messa Vescovo, presbiteri e fedeli hanno sostato per qualche momento sotto lo sguardo del Signore; contemplando il dono del suo corpo e del suo sangue, hanno ripetuto a lui l’adesione del cuore e della vita. Dal posto i presenti hanno seguito la processione del solo Vescovo verso la Cappella del Santissimo Sacramento per recare le Specie eucaristiche. Tutti sono usciti di chiesa in un clima di raccoglimento e silenzio.

 

 

 

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