Domenica 14 febbraio 2016 a Cannaiola di Trevi si è svolto il ritiro di Quaresima per le famiglie dell’Archidiocesi. Una giornata ricca di insegnamenti, riflessione, confronto, silenzio, fraternità, preghiera. Le coppie di sposi (una quarantina) e i bambini (una trentina, che hanno svolto attività e giochi pensati per loro) sono stati accolti dai responsabili della pastorale familiare don Sem Fioretti e i coniugi Cristina e Roberto Mariottini. Al mattino, dopo la preghiera dell’Ora Terza, il Vicario generale, mons. Luigi Piccioli, ha tenuto un insegnamento su “La gioia, frutto della misericordia”. «Poter comunicare Cristo – ha detto – è motivo di gioia sia per chi comunica, sia per chi accetta di ascoltare.
Anche oggi, famiglie della nostra Chiesa locale, siamo qui per gioia. Noi cristiani – ha continuato il primo collaboratore dell’Arcivescovo – siamo caratterizzati dall’essere creatura nuova grazie al Battesimo. E questo germe di divinità ci spinge all’amore, ci rende aperti ad atteggiamenti e comportamenti cui la sola natura umana non potrebbe far fronte. La nostra vita, allora, non potrà essere cadenzata da interessi e piaceri, ma dall’amore. A volte cechiamo alibi e scuse, addirittura mentiamo: i coniugi tra di loro, i figli ai genitori e viceversa, i fratelli tra loro. È allora opportuno, specialmente in questo tempo di Quaresima – tempo di spoliazione dal quale il Signore fa nascere nuovi germogli dalla cenere – recuperare il silenzio, l’ascolto, la preghiera e la correzione fraterna per superare i momenti di stasi che si presentano, dai quali i cristiani non sono immuni. Il luogo privilegiato per fare ciò è proprio la famiglia, dove si gareggia ogni giorno per la stima vicendevole. Proviamoci e sperimenteremo così la misericordia di Dio; ci renderemo conto che il Padre ancora una volta bussa alla porta del nostro cuore anche se siamo stanchi e ci invita alla conversione, cioè a rimanere noi stessi ma in una luce diversa, quella di Cristo».
Il pranzo è stato un momento per approfondire la conoscenza tra le famiglie della Diocesi e ciò è stato facilitato anche da un ambiente accogliente e ben preparato dalla pastorale familiare: era il giorno di S. Valentino, patrono degli innamorati, e allora su ogni tavolo una candela ben confezionata e dei cuori rossi e bianchi al centro.
Nel pomeriggio don Luciano Avenati, parroco di S. Eutizio e Vicario episcopale per la formazione, ha parlato de “Il vino nuovo delle nozze di Cana simbolo di una fede viva e gioiosa”. «Giovanni con il segno del vino nelle nozze di Cana – ha detto – pone l’accento non sul banchetto nuziale, come una lettura superficiale potrebbe far pensare, ma sulla fede. È un discorso sulla fede e sulla sua trasmissione. E il luogo per eccellenza dove trasmetterla è la famiglia». Don Luciano ha poi spiegato la differenza tra religione e fede: la prima appartiene all’esperienza umana, è facile viverla, a Dio si offrono sacrifici e lui deve corrispondere altrimenti si cambia Dio; la seconda, invece, spinge l’uomo a fidarsi di Dio che la dona, è certezza che lui ama, è consegnarsi a lui. «Da due secoli a questa parte – ha detto il sacerdote – la fede, però, viene vissuta in maniera privata e non come dono da tramandare. E questo anche nelle famiglie, dove spesso i coniugi si danno la buonanotte e poi ognuno prega in silenzio prima di addormentarsi. Non da meno le comunità cristiane, dove sovente le tradizioni congelano la fede, ma continuiamo a ripeterle perché contenti di avere in quell’occasione più gente. È urgente allora convertirsi – e la Quaresima è tempo propizio – ad una fede più genuina, desiderata e gustata come il vino delle nozze di Cana, invitando gli altri a “bere” con noi e testimoniare così la bellezza della vita eterna».
La giornata si è conclusa con la celebrazione eucaristica nel santuario del beato Pietro Bonilli presieduta da don Sem Fioretti.