Resoconto pellegrinaggio in Piemonte guidato dall’Arcivescovo: Sacra di S. Michele, Ostensione Sindone e Santuario Maria Ausiliatrice. Foto.

Resoconto pellegrinaggio in Piemonte guidato dall’Arcivescovo: Sacra di S. Michele, Ostensione Sindone e Santuario Maria Ausiliatrice. Foto.

Resoconto pellegrinaggio in Piemonte guidato dall’Arcivescovo: Sacra di S. Michele, Ostensione Sindone e Santuario Maria Ausiliatrice. Foto.

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Resoconto pellegrinaggio in Piemonte guidato dall’Arcivescovo: Sacra di S. Michele, Ostensione Sindone e Santuario Maria Ausiliatrice. Foto.

Lunedì 11 e martedì 12 maggio 2015 l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, ha guidato il pellegrinaggio diocesano a Torino in occasione dell’Ostensione della Santa Sindone e nel duecentesimo anniversario della nascita di S. Giovanni Bosco. Quasi trecento le persone, suddivise in cinque pullman, che hanno raggiunto il Piemonte.

Foto-gallery Sacra di S. Michele

Foto-gallery Santa Sindone

Sacra di S. Michele. La prima tappa, dopo il pranzo ad Avigliana, è stata la visita alla suggestiva e imponente Sacra di S. Michele in Val di Susa. Fondata tra il 983 e il 987, si trova al centro di una via di pellegrinaggio (la via di S. Michele, o micaelica) di oltre duemila chilometri che unisce tutta l’Europa occidentale da Mont-Saint Michel in Francia a Monte Sant’Angelo in Puglia. L’elemento peculiare della Sacra è la sua posizione alla sommità del monte Pirchiriano (962 metri s.l.m.). Abitata dai monaci benedettini per oltre seicento anni (fino al 1622) e abbandonata per oltre due secoli, dal 1836 è affidata, per volere di Re Carlo Alberto di Savoia, ai padri dell’Istituto della Carità (Rosminiani). Nel 1994 il governo regionale del Piemonte ha scelto la Sacra di S. Michele come monumento simbolo del Piemonte. Alessandro Manzoni citò i paesaggi circostanti la valle in alcuni versi della tragedia Adelchi pubblicata nel 1882: Sorto all’aurora, al buon pastor la via/Addimandai di Francia. – Oltre quei monti/Sono altri monti, ei disse, ed altri ancora;/E lontano lontan Francia; mia via/Non avvi; e mille son que’ monti, e tutti/Erti, nudi, tremendi, inabitati,/Se non da spirti, ed uom mortal giammai/Non li varcò. Umberto Eco si è parzialmente ispirato a questa abbazia benedettina per ambientare il suo celebre romanzo “Il nome della rosa”. S. Giovanni Paolo II la visitò il 14 luglio 1991. Alle pendici della Sacra c’è il paese natale del nostro Arcivescovo, S. Ambrogio di Torino. Mons. Boccardo, insieme ai quindici sacerdoti presenti, ha celebrato la Messa nella chiesa abbaziale, edificata proprio alla sommità del monte e raggiungibile da un ampio e ripido scalone, detto “dei morti” a seguito della sepoltura di uomini illustri, abati e benemeriti del monastero. Durante la Messa sono stati ricordati i genitori dell’Arcivescovo, Luciano ed Elda. E alla fine, il Presule ha ricordato quando da bambino saliva pellegrino con la mamma e il papà alla Sacra. Prima di scendere, foto di gruppo sul terrazzo dell’abbazia, dal quale si ha una visuale unica sulla vallata: nelle giornate prive di foschia, infatti, è possibile vedere la città di Torino da una parte e i valichi alpini che segnano il confine con la Francia dall’altra.  

Sindone. La giornata di mercoledì 12 maggio si è aperta con la visita alla Sindone nel Duomo di Torino. Si tratta di un lenzuolo di lino tessuto a spina di pesce delle dimensioni di circa m. 4,41 x 1,13, contenente la doppia immagine accostata per il capo del cadavere di un uomo morto in seguito ad una serie di torture culminate con la crocefissione. L’immagine è contornata da due linee nere strinate e da una serie di lacune: sono i danni dovuti all’incendio avvenuto a Chambéry nel 1532. Secondo la tradizione si tratta del Lenzuolo citato nei Vangeli che servì per avvolgere il corpo di Gesù nel sepolcro. Questa tradizione, anche se ha trovato numerosi riscontri dalle indagini scientifiche sul Lenzuolo, non può ancora dirsi definitivamente provata. Certamente invece la Sindone, per le caratteristiche della sua impronta, rappresenta un rimando diretto e immediato che aiuta a comprendere e meditare la drammatica realtà della Passione di Gesù. Per questo S. Giovanni Paolo II l’ha definita “specchio del Vangelo”. L’Arcivescovo e i pellegrini sono passati in silenzio dinanzi alla Sindone, lasciandosi guardare dall’Uomo della Sindone: il suo sguardo arricchirà in una misura che non sarà tolta, e tutti saranno conquistati dall’amore che esso attesta e comunica. La Sindone, insomma, ricorda che senza amore non si può vivere. «Eppure – ha detto mons. Boccardo – quante volte perseguiamo la via di un amore che non dà vera gioia ed è fonte di delusione, se non addirittura di sofferenza! L’amore cresce solo attraverso l’Amore più grande del Signore: e questo significa che solo chi ama in lui e come lui può gustare fino in fondo il vero amore. Gesù lo ha insegnato, vissuto e testimoniato in tutta la sua vita. Quando ci chiede di amare come lui ci ha amato (cf Gv 13, 34), ci indica l’unica strada che rende felice l’amore e lo riscatta dall’egoismo e dalla ricerca del possesso: è l’amore che si dona senza chiedere niente in cambio».

Santuario Maria Ausiliatrice. La giornata torinese è terminata con la celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo nel Santuario di Maria Ausiliatrice nella zona Valdocco, casa madre della famiglia salesiana fondata da S. Giovanni Bosco. Nella bella e grande chiesa è custodito il corpo del Santo fondatore degli oratori per i giovani, del quale ricorrono i duecento dalla nascita (16 agosto 1815). Tra S. Bosco e la nostra Chiesa di Spoleto-Norcia c’è un forte legame che è stato ricordato da mons. Boccardo all’inizio della Messa: il fondatore dei Salesiani in un piccolo opuscolo – “Meraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice”, pubblicato a Torino nel 1868, anno in cui veniva consacrato il suddetto tempio di Maria Ausiliatrice – parla ampiamente dell’immagine della Madonna apparsa al piccolo Righetto nel 1861.Tra le altre cose S. Giovanni Bosco, dopo aver dato conto della relazione dell’arcivescovo di Spoleto Giovanni Battista Arnaldi sul gran concorso di fedeli che giungevano sul luogo delle apparizioni della Vergine al piccolo Righetto Cionchi per chiedere guarigioni, scrive: «La divota immagine non aveva alcun titolo proprio, e il pio Arcivescovo giudicò che fosse venerata sotto il titolo di Auxilium Christianorum, come parve più adatto all’attitudine che presentava», cioè quella di sostegno, conforto, aiuto alle tante richieste della gente. E sembra proprio che l’intitolazione del santuario torinese don Bosco si sia proprio ispirato alla chiesa della piana spoletina detta de “La Stella”. Inoltre, il Santo in uno dei suoi viaggi a Roma, visitò la chiesa contenente l’immagine della Madonna della Stella, invocata come aiuto dei cristiani. «In questa celebrazione – ha detto mons. Boccardo nell’omelia – pensiamo a Maria, qui venerata come Ausiliatrice, ai piedi della croce: ci accoglie, ci offre suo figlio e ci invita a riceverlo nella nostra vita e nelle nostre case. La Vergine non si stanca mai di parlare a Gesù del popolo cristiano». Poi, un passaggio sui giovani ricordando S. Giovanni Bosco, un prete innamorato di Dio e dei ragazzi di Torino. «Pensando a lui, la nostra mente corre ai giovani della nostra Chiesa di Spoleto-Norcia e alle responsabilità che noi adulti abbiamo verso di loro: ci osservano, ci considerano degli esempi. Chiediamo a don Bosco di saper essere per loro delle guide serie e solide».

Dopo il pranzo, foto di gruppo intorno alla statua di S. Giovanni Bosco e partenza per Spoleto.  

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