Pellegrinaggio in Cattedrale delle Pievanie di Santa Maria del Sacro Cuore e di S. Giovanni. L’Arcivescovo: «Credere in colui che è la resurrezione e la vita significa vivere fin d’ora». Foto.

Pellegrinaggio in Cattedrale delle Pievanie di Santa Maria del Sacro Cuore e di S. Giovanni. L’Arcivescovo: «Credere in colui che è la resurrezione e la vita significa vivere fin d’ora». Foto.

Pellegrinaggio in Cattedrale delle Pievanie di Santa Maria del Sacro Cuore e di S. Giovanni. L’Arcivescovo: «Credere in colui che è la resurrezione e la vita significa vivere fin d’ora». Foto.

/
/
Pellegrinaggio in Cattedrale delle Pievanie di Santa Maria del Sacro Cuore e di S. Giovanni. L’Arcivescovo: «Credere in colui che è la resurrezione e la vita significa vivere fin d’ora». Foto.

Domenica 26 marzo 2023, quinta di Quaresima, si sono conclusi i pellegrinaggi delle Pievanie in Cattedrale in occasione dell’825° anniversario di dedicazione dello stesso Duomo. L’arcivescovo Renato Boccardo ha accolto i presbiteri e i fedeli delle Pievanie di Santa Maria, del Sacro Cuore e di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Filippo per il rinnovo delle promesse battesimali. Poi, c’è stata la processione fino in Duomo, il passaggio della Porta Santa e la celebrazione eucaristica. Molti i fedeli, numerosi i bambini della catechesi delle varie parrocchie. Le comunità parrocchiali che ricadono in queste Pievanie si estendono su tre comuni (Spoleto, Terni ed Acquasparta) e sono: S. Gregorio, Santa Rita, Santi Pietro e Paolo, Cattedrale, Monteluco, Montebibico, Strettura, Cecalocco e Battiferro, Sacro Cuore, S. Nicolò, S. Sabino, S. Venanzo, Morgano e Maiano, S. Angelo in Mercole, Montemartano e S. Martino in Trignano, Baiano, Firenzuola e la Val Serra. Come in tutte le celebrazioni che si sono svolte in Italia, le offerte raccolte sono andate per le popolazioni della Turchia e della Siria colpite dal terremoto.

FOTO-GALLERY

Nell’omelia l’Arcivescovo ha sottolineato come la liturgia presentava «due simboli per comprendere l’identità di Gesù: l’acqua e la luce. Gesù è colui che dona l’acqua viva che estingue la sete dell’uomo (il dialogo con la Samaritana); Gesù è la luce che illumina ogni uomo (il miracolo del cieco nato). Acqua e luce, senza i quali non è possibile la crescita e la sussistenza della vita; quando mancano, provocano una delle domande più radicali: da dove viene la vita? L’uomo scopre che non può avere la vita in sé, che non può darsi la vita da solo. Gesù si rivela non solo come colui che può farci vivere pienamente (il simbolo dell’acqua e della luce) ma come colui che è la vita stessa, quella che nessuna morte può distruggere: “Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno”. Gesù – ha proseguito mons. Boccardo – dice queste parole guardando in faccia la morte, cioè la negazione della vita, mentre ha di fronte l’esperienza della morte di un amico (Lazzaro, ndr), ma anche la su imminente. Lui non impedisce la morte di Lazzaro. E allora la domanda: Dio può dare un senso alla morte nel suo amore? Interrogativi grandi, ma che non possiamo fuggire. Il grande rischio dell’uomo è quello di fuggire di fronte alla morte e illudersi che essa non abbia nulla che fare con la propria esistenza. E non tanto la paura o l’angoscia: queste reazioni non sono una fuga, ma il grido della vita che è in noi che vuole rimanere in noi. La fuga dell’uomo di oggi – ha detto il Presule – sta nel cancellare l’idea della morte dalla propria esistenza, come se non esistesse o come se uno potesse prolungare all’infinito la vita per non incontrarla mai. E meno ci si abitua a guardala, e più ci fa paura. Oggi non ci si interroga più sulla morte, perché non ci si interroga più sul vero senso della vita. All’uomo disorientato che incontra nella sua esperienza tante esperienze di morte, Gesù offre una parola e un segno per mostrare il significato profondo della morte: si offre a noi come una presenza che pone ogni nostro istante, ogni nostro atto, tutto ciò che siamo sotto il segno della vita. Credere in colui che è la resurrezione e la vita significa vivere fin d’ora: il credente è un vivente e pur passando attraverso tante esperienze di morte, fino a giungere al sepolcro, cammina nella vita amando, donando, trasformando tutto ciò che è bello e buono in occasione della vita.  Come credenti – ha concluso l’Arcivescovo – non abbiamo nessun privilegio di fronte alla morte: dobbiamo solo fissare lo sguardo su Cristo, credere che proprio lui, il Figlio di Dio, ha voluto condividere la nostra morte, trasformandola in dono e in fonte di vita che non muore. Gesù non indica all’uomo una via facile alla pienezza della vita che eviti la morte, ma si presenta come la risurrezione e la vita. Questo è il cammino».

Dalla stessa rubrica...

Seguici su Facebook

Dalla stessa rubrica...

ultime pubblicazioni

ultime pubblicazioni

Seguici su Facebook