Pasqua di Risurrezione
Spoleto, Basilica Cattedrale, 24 aprile 2011
«Cristo è risorto dai morti, a tutti ha donato la vita!» .
Carissimi fratelli e sorelle nel Signore, questo grido di risurrezione, lanciato duemila anni fa, ha raggiunto lungo i secoli tutti i tempi, tutte le razze e le lingue, e non potrà mai più spegnersi nel cuore e sulle labbra dei credenti. È il grido che la liturgia oggi ripete, quale eco della commozione e dello stupore di Maria di Magdala, di Pietro e di Giovanni, e che rappresenta la commozione e lo stupore dei cristiani. È il grido che condensa tutta la parola di Dio, tutta la Bibbia, tutto l’insegnamento di Gesù e continuerà a risuonare fino alla fine del mondo. È il grido che faceva dire a S. Agostino: «Sono giunti finalmente i giorni in cui dobbiamo cantare: alleluja! Suvvia, fratelli, canti la voce, canti la vita, cantino le azioni!».
Il Crocifisso risorto rivela la solidarietà di Dio con coloro che soffrono, che piangono e sono nella prova, e innesta nella storia la speranza certa della salvezza, l’energia divina dell’amore. Passato, presente e futuro si uniscono nell’eterno di Dio in cui la Pasqua ci introduce e, in questa luce, l’augurio di pace, serenità e gioia che ci scambiamo è qualcosa di più di un semplice auspicio, è una promessa sigillata da Dio stesso.
Infatti, la risurrezione personale di Gesù, il Crocifisso, è un evento storico preciso, documentabile nei suoi effetti: non è un sogno, un’utopia, una teoria filosofica. È un evento che inaugura e anticipa la risurrezione del genere umano e trasforma il senso della storia, perché immette nel decadimento inevitabile delle realtà corporee un processo nuovo sottraendo l’uomo alla logica della decadenza e della fine totale. Senza la risurrezione ogni realtà creata sarebbe destinata a sparire e la morte regnerebbe sovrana su tutto e su tutti.
Credere alla risurrezione del Crocifisso significa dunque credere che la Trinità ha tanto amato il mondo da donarci lo Spirito di vita per farci creature nuove, destinate alla vita eterna; significa credere che la stessa creazione verrà sottratta alle tenebre della corruzione e della morte per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Nella lotta tra il bene e il male che si svolge nel mondo, è il bene, è la vita che consegue la vittoria definitiva, indicandoci come méta ultima del nostro viaggio la gloria e la beatitudine che non avrà mai fine.
È vero che il mistero del Risorto non cambia immediatamente il mondo che rimane con le sue ambiguità, oscurità, violenze e dolori; cambia però il cuore umano, il nostro modo di essere e di operare. La luce sfolgorante della Pasqua non cancella la morte atroce di Gesù, perché il Risorto rimane in eterno il Crocifisso. Così come non cancella il male, l’egoismo e la paura che spesso attanagliano gli uomini fino a farli rinchiudere sempre più su se stessi e a renderli insensibili a ciò che accade attorno a loro. Ed il cuore umano, spesso meschino, si lascia ingannare dalle illusioni del piccolo tornaconto personale e, preso dalla contabilità del proprio benessere, diventa cieco alla mano del povero e dell’indifeso che chiede ascolto ed aiuto.
Nel corso dell’Udienza Generale di mercoledì scorso, Papa Benedetto XVI affermava che si tratta di «una certa insensibilità dell’anima al potere del male, un’insensibilità per tutto il male del mondo. Noi non vogliamo lasciarci turbare troppo da queste cose, vogliamo dimenticarle: pensiamo che forse non sarà così grave, e dimentichiamo». Non è forse ciò che ci succede davanti alle immagini dal Giappone, o ai numeri di morti per fame nel mondo, davanti alla guerra in Libia e a quei barconi che solcano il Mediterraneo e talvolta sprofondano nel mare, davanti a giusti aneliti di libertà e di democrazia soffocati nel sangue da regimi dittatoriali? Basta guardare come dalle prime pagine dei giornali e della TV la notizia di questi tragici eventi passa rapidamente alle pagine interne, senza suscitare più l’interesse della cronaca; basta vedere come la stessa cosiddetta “emergenza profughi” dia spesso l’impressione di essere gestita considerando più i possibili risvolti elettorali che il bene vero delle persone; basta riconoscere come l’inquietudine per il presente e per il futuro spinga vorticosamente la nostra società a rifugiarsi nell’egoismo e nell’indifferenza.
Il nostro torpore viene però scosso quest’oggi da un grido: «Svègliati, o tu che dormi, … e Cristo ti illuminerà» (Ef 5, 14). Perché anche in giorni offuscati da tante situazioni di conflitto, di preoccupazione e di incertezza, la forza della Pasqua continua a suscitare misteriosamente nel cuore degli uomini un grande desiderio di bene, continua a far germogliare i gesti della buona volontà e dell’attenzione gratuita e solidale in favore di quanti sono segnati dalla fatica, dal bisogno e dal dolore. Penso alle tante iniziative realizzate anche qui in Umbria per accogliere uomini e donne provenienti dall’Africa del Nord, grazie all’impegno di persone generose e delle Caritas delle nostre diocesi che, senza sostituirsi a chi ne ha la responsabilità alta e grave ai diversi livelli della vita pubblica, vanno incontro ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito, divenendo immagine eloquente del buon samaritano (cf Lc 10, 29-37).
Mi piace vedere anche in questi gesti il frutto della risurrezione di Gesù: la sua vita nuova, infatti, è entrata in noi con il battesimo e si ravviva in ogni Eucaristia fino a quando il tempo su questa terra lascerà il posto alla pasqua eterna. Noi sappiamo che la storia è già permeata dalla potenza della risurrezione, trasformata dalla redenzione, rinnovata dalla riconciliazione che è dono del Crocifisso risorto. Mentre preghiamo per tutti i Paesi che soffrono, vogliamo proclamare con la vita la grande speranza di pace che, malgrado tutto, il Risorto fa spuntare come stella nella Chiesa e nel mondo.
«Ho visto il Signore!». È il grido che oggi di nuovo ci viene consegnato perché lo facciamo nostro. Gesù risorto ci incontra là dove siamo, dove operiamo, dove soffriamo, dove moriamo; ci incontra per consolarci e stimolarci e vivere atteggiamenti di amore, misericordia, perdono, mitezza, umiltà, coraggio della verità, a vivere lo spirito delle beatitudini. Ogni giorno Gesù risorge nel cuore di chi crede, spera, cerca, ama e la sua vicinanza riempie totalmente il nostro cuore: dobbiamo aprire gli occhi per vederlo nel presente e capire che è lui a trasformare la nostra esistenza spesso stanca e sfiduciata.
A lui ci rivolgiamo dunque con piena fiducia, facendo nostre le parole pronunciate da Papa Giovanni Paolo II, futuro Beato, nell’ultima Pasqua da lui celebrata su questa terra (27 marzo 2005):
Gesù, crocifisso e risorto, rimani con noi!
Resta con noi, amico fedele e sicuro sostegno dell’umanità
in cammino sulle strade del tempo!
Tu, Parola vivente del Padre,
infondi fiducia e speranza in quanti cercano
il senso vero della loro esistenza.
Tu, Pane di vita eterna, nutri l’uomo
affamato di verità, di libertà, di giustizia e di pace.
Rimani con noi, Parola vivente del Padre,
ed insegnaci parole e gesti di pace:
pace per la terra consacrata dal tuo sangue
e intrisa del sangue di tante vittime innocenti;
pace per i Paesi del Medio Oriente e dell’Africa,
dove pure tanto sangue continua ad essere versato;
pace per tutta l’umanità,
su cui sempre incombe il pericolo di guerre fratricide.
Rimani con noi, Pane di vita eterna,
spezzato e distribuito ai commensali:
dà anche a noi la forza di una solidarietà generosa
verso le moltitudini che, ancor oggi,
soffrono e muoiono di miseria e di fame,
decimate da epidemie letali
o prostrate da immani catastrofi naturali.
Per la forza della tua Risurrezione
siano anch’esse rese partecipi di una vita nuova.
Anche noi, uomini e donne del terzo millennio,
abbiamo bisogno di Te, Signore risorto!
Rimani con noi ora e fino alla fine dei tempi.
Fa’ che il progresso materiale dei popoli
non offuschi mai i valori spirituali
che sono l’anima della loro civiltà.
Sostienici, Ti preghiamo, nel nostro cammino.
In Te noi crediamo, in Te speriamo,
perché Tu solo hai parole di vita eterna (cf Gv 6, 68).
Rimani con noi, Signore! Alleluia!