Mercoledì 28 novembre, presso l’Auditorium dell’Istituto per Sovrintendenti P.S. “R. Lanari” di Spoleto, si è tenuto l’ultimo incontro della sessione autunnale 2012 dei “Dialoghi in città”, iniziativa culturale promossa dalla Diocesi. Si è parlato di Concilio Ecumenico Vaticano II, di questo momento di grazia per la Chiesa avviato da papa Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962. A 50 anni da questo importante avvenimento, l’arcivescovo Renato ha chiamato a discuterne l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario emerito del Pontificio Consiglio della pastorale dei Migranti e Itineranti ed esperto dell’ermeneutica del Concilio, e il dott. Luigi Accattoli, già vaticanista di La Repubblica e del Corriere della Sera, che sul Concilio ha molto scritto.
«Il Concilio – ha esordito Accattoli – è stato la più grande assemblea deliberante nella storia della Chiesa e una delle più vaste nella storia dell’umanità. Nessun altro Concilio aveva avuto tale dimensione». Per comprenderne meglio la straordinarietà è utile conoscere le sue tappe significative e alcuni numeri: il 25 gennaio 1959 papa Giovanni XXIII, tre mesi dopo la sua elezione annunciò ai Cardinali la sua intenzione di celebrare un Concilio Ecumenico; il 5 giugno 1960 iniziò la reale preparazione del XXI Concilio Ecumenico della Chiesa e l’11 ottobre del 1962 ebbe solenne inizio; alla seduta inaugurale presero parte 2540 padri conciliari, quasi i cinque sesti dell’episcopato mondiale. La media generale dei Padri partecipanti fu di 2.200. Vi presero parte anche 460 esperti (chiamati periti), 53 uditori e 104 osservatori (delegati o ospiti); la sera dell’apertura del Concilio, papa Giovanni XXIII affacciandosi dalla finestra della sua abitazione per benedire i fedeli che gremivano piazza S. Pietro pronunciò il famoso discorso della Luna; il 22 giugno 1963 il nuovo papa, Paolo VI, annunciò il proseguimento del Concilio, che si è articolato in quattro sessioni: la prima, durante il pontificato di Giovanni XXIII; le altre tre, durante il pontificato di Paolo VI; complessivamente il Concilio si snodò in 136 Congregazioni generali, cioè riunioni plenarie. 2.212 furono gli interventi in aula e 4.361 i contributi scritti; il Concilio ha emanato 4 costituzioni – la Sacrosanctum Concilium sulla liturgia, la Lumen gentium sulla chiesa, la Dei Verbum sulla sacra scrittura, la Gaudium et Spes sulla chiesa nel mondo contemporaneo – 9 decreti e 3 dichiarazioni; l’8 dicembre 1965, sul sagrato della Basilica di S. Pietro, papa Paolo VI chiuse il Concilio e avviò la fase dell’attuazione. «Nessuna delle grandi decisioni prese dai Padri conciliari e confermate dal Papa – ha ricordato Accattoli – è stata rigettata o ritratta dai Pontefici seguenti (Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ndr). La riforma più visibile e anche più contestata è stata quella liturgica: la celebrazione della Messa nelle varie lingue parlate dalla gente, il celebrante non più di spalle al popolo, la “nascita” delle concelebrazioni, l’istituzione dei diaconi permanenti, dei ministri straordinari dell’eucaristia dei lettori e degli accoliti e tanto altro ancora. Un altro frutto – ha proseguito Accattoli – è stato la riforma ecumenica: prima i cattolici dovevano chiedere un permesso speciale per partecipare ad incontri di preghiera con cristiani non cattolici. Ora questi momenti sono addirittura promossi dalla Chiesa. Sono stati riavviati i rapporti con gli Ebrei e ciò consentito che due Papi (Giovanni Paolo II nel 2000 e Benedetto XVI nel 2009, ndr) pregassero al Muro del Pianto a Gerusalemme. La riforma meno attuata, invece, è quella interna alla Chiesa. Comunque – ha concluso il giornalista – il Concilio ha permesso alla Chiesa di essere percepita al fianco dei più deboli, ha consentito ai cattolici di abitare il proprio secolo abolendo i pesi dei secoli passati».
L’arcivescovo Marchetto ha incentrato il suo intervento sul leggere e interpretare in modo corretto i testi del Concilio, concetto che lo stesso Presule esplicita nel suo ultimo libro “Il Concilio ecumenico Vaticano II. Per la sua corretta ermeneutica”. «Naturalmente – ha specificato Marchetto – perché la bussola funzioni ci devono essere delle condizioni, e le condizioni sono che ci sia una storia veritiera del Concilio, perché penso, purtroppo, che ancora non ci sia; e ci deve essere un’accettazione dell’interpretazione del Concilio che sia corretta – quindi l’ermeneutica conciliare – per avere alla fine la ricezione, cioè l’attuazione delle grandi linee conciliari, e al centro del pensiero del Vaticano II, la Chiesa». Il Presule ha anche parlato dei due Papi del Concilio: Giovanni XXIII e Paolo VI. «Non erano in contrapposizione, entrambi volevano aggiornamento, riforme e attenzione al mondo contemporaneo». Mons. Marchetto ha terminato il suo intervento comunicando una nota positiva: «in questo Anno della Fede c’è un ritorno ai testi conciliari. In tutti gli incontri cui ho partecipato si rileva certamente il desiderio di tornare ai testi, di conoscerli e di approfondirli. C’è, dunque, la consolazione che stiamo rivenendo ai testi e quindi c’è una prospettiva di una maggior facilità di ricezione del Vaticano II e dei suoi testi. Come dice il Santo Padre: lo Spirito non può essere staccato da questi testi».