Messa in Coena Domini. L’Arcivescovo ha presieduto, giovedì 28 marzo, la Messa in Coena Domini presso il Santuario della Madonna di Loreto a Spoleto, celebrazione che ha dato avvio al triduo pasquale. In essa si è fatta memoria, ripetendo il gesto della lavanda dei piedi, dell’ultima cena del Signore con i discepoli prima della passione. Fu in quell’occasione che Gesù istituì i sacramenti dell’Eucaristia e dell’Ordine sacro. All’inizio della liturgia, animata dal coro della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo, sono stati presentati ai numerosi fedeli adunati in chiesa gli Olii Santi benedetti e consacrati in Cattedrale nel corso della Messa Crismale (27 marzo, ndr). Il servizio liturgico è stato curato dal gruppo dei ministranti della parrocchia coordinato dal parroco don Edoardo Rossi.
Foto-Gallery Messa in Coena Domini
Nell’omelia mons. Boccardo ha ricordato il gesto della lavanda dei piedi compiuto da Gesù ai discepoli, anche a Giuda che di lì a poco lo avrebbe tradito. «Il Maestro – ha sottolineato l’Arcivescovo – compie tale gesto nel bel mezzo della cena, sovvertendo tradizioni e regole, mentre al di fuori si sta concretizzando il processo contro di lui. Gesù con calma e solennità lava i piedi e la sua calma contrasta con l’agitazione che c’era poco lontano. Possiamo immaginare il disagio e la sorpresa degli apostoli: lui che aveva guarito, moltiplicato pani e pesci, s’inginocchia e assume un atteggiamento di servizio. Questo gesto – ha proseguito il Presule – rompe ogni vanità, smonta ogni sufficienza. Se lui agisce così, come potremmo noi fare diversamente? Niente, infatti, è più amabile di una persona che ama, nulla è più credibile di un uomo che serve, nulla è più gratificante di quanto anche noi sappiamo fare altrettanto, sappiamo amare e servire. Servire con amabilità in famiglia, nel lavoro, con le persone che incontriamo anche per caso. La Chiesa, ripetendo con umiltà e fierezza questo rito da oltre venti secoli, ricorda un Dio che si fa amore e carità». Poi, l’Arcivescovo ha ricordato l’istituzione da parte di Gesù dell’Eucaristia: «Gesù non ha solo dato agli uomini il suo tempo, ma ha dato se stesso, riscattando le nostre povere vite con il prezzo della sua vita. Gesù ha versato per noi il sangue immacolato, sconfiggendo così la morte. E ogni volta che noi ripetiamo quelle parole e quei gesti (…questo è il mio corpo…il sangue della mia alleanza versato per voi…fate questo in memoria di me) si rinnova lo stesso prodigio. Perché questo gesto non rimanga chiuso nella memoria, Gesù ha chiesto alla Chiesa di fare la stessa cosa e di vivere ogni giorno questo gesto vivificante». Al termine dell’omelia, mons. Boccardo, come fece Gesù, si è cinto il grembiule ed ha lavato i piedi a dodici persone: sei ragazzi della Pastorale giovanile della Diocesi, tre bambini e tre adulti della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo.
L’olio è stato offerto dall’azienda C.U.FR.OL. Frantoi Oleari Umbri & Co. ubicata tra Spoleto e Campello sul Clitunno. Per ottenere il Crisma, all’olio è stata aggiunta l’essenza di bergamotto donata alle 225 Diocesi italiane, a due della Polonia e a due della Lituania da mons. Giuseppe Fiorini Morosini, vescovo di Locri-Gerace in Calabria: l’essenza di questo agrume particolare, che viene prodotto solamente in una fascia di centro chilometri della provincia di Reggio Calabria, «è – afferma mons. Fiorini Morosini – un segno delle cose positive che la terra calabrese sa produrre, a fronte delle tante negative che vi si registrano quotidianamente».
La liturgia è stata animata nel canto dalla Cappella musicale del Duomo. Con i seminaristi, ha svolto il servizio all’altare anche il neonato gruppo dei ministranti della Diocesi.
Durante la celebrazione sono stati ricordati alcuni sacerdoti che in questo 2013 celebrano un significativo anniversario di ordinazione: don Gianfranco Formenton 25 anni; don Ernesto Broglioni e padre Antonio Gentili, barnabita, 50; padre Luigi Montanari, agostiniano, 60. Grata memoria è stata fatta del trentesimo anniversario di ordinazione episcopale di mons. Giuseppe Chiaretti (15 maggio 1983 nel Duomo di Spoleto, ndr), membro del presbiterio spoletano-nursino, arcivescovo emerito di Perugia-Città della Pieve. La preghiera dell’assemblea si è levata anche per quei preti che, da Pasqua 2012 fino all’attuale Settimana Santa, sono tornati alla Casa del Padre: don Mario Curini, padre Carlo Vincenti, agostiniano, e don Armando Petrelli.
Nell’omelia l’arcivescovo Boccardo ha affermato come «Questa sera si impone, incalzante e decisiva, la domanda fondamentale: perché siamo sacerdoti? Che valore ha, per la Chiesa e per il mondo, la nostra vita sacerdotale, così diversa e talvolta apparentemente anche infeconda? È vero che i rapidi mutamenti del tempo in cui viviamo mettono per così dire “in crisi” la figura abituale del prete; è vero – ha proseguito il Presule – che il processo in atto della secolarizzazione sembra emarginare le attività del nostro ministero e ridurne lo spazio operativo. E questa situazione esige da parte nostra un generoso impegno di adeguamento e di rinnovamento».
Questo rinnovamento per mons. Boccardo va cercato unicamente nella fede, senza dimenticare o mettere in ombra la realtà misteriosa dell’essere presbitero. «È solo dalla riscoperta della fede – ha detto – che risorge in noi la gioia giovanile del dono ricevuto, la sicura speranza di metterlo a servizio di Cristo e dei fratelli, il coraggio di intrecciare continuamente il colloquio salvifico con il mondo di oggi. Il nostro sacerdozio è tutto correlato e deriva dall’unico sommo sacerdote, Cristo Gesù».
I presbiteri, ha ricordato il Presule, sono per il servizio del popolo di Dio, sono gli indicatori poveri ma sicuri del continuo avvento del Signore. «E il dono dello Spirito conferitoci nell’ordinazione – ha sottolineato l’Arcivescovo – è in noi permanente e dinamico: assicura l’efficacia oggettiva dei nostri gesti sacramentali, che sono atti di Cristo, ma ci spinge anche a conformare tutta la nostra vita all’azione salvifica di lui. Di lui povero: nel distacco concreto da ogni potere umano e da ogni interesse terreno; di lui vergine: nel totale e indiviso amore al Padre, nel generoso dono di noi ai fratelli, nell’attesa esclusiva del suo Regno; di lui servo obbediente fino alla morte: nell’ascolto della sua parola, nell’obbedienza al suo precetto d’amore, nell’accettazione della sua volontà, nella conformità alla sua passione. È questa la nostra “identità” sacerdotale! Questa dobbiamo ricercare e rivivere ogni giorno, riscoprirla al mattino nella preghiera; rintracciarla nelle ore del giorno, fra il dedalo dei rapporti umani, nelle ombre della stanchezza e della delusione; purificarla la sera, nell’abbraccio misericordioso del Padre che ci ama, ci interpella e ci attende. È questa – ha concluso mons. Boccardo – l’identità con la quale dobbiamo, oggi più che mai, presentarci al mondo per essere riconosciuti testimoni veritieri e credibili di Cristo e per esercitare in mezzo agli uomini il ministero della riconciliazione».