Omelia per l’apertura della Porta Santa della Misericordia, 13 dicembre 2015

Omelia per l’apertura della Porta Santa della Misericordia, 13 dicembre 2015

Omelia per l’apertura della Porta Santa della Misericordia, 13 dicembre 2015

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Omelia per l’apertura della Porta Santa della Misericordia, 13 dicembre 2015
Apertura della Porta Santa della Misericordia
Spoleto, Basilica Cattedrale, 13 dicembre 2015

 

«Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti… La pace di Dio custodirà i vostri cuo­ri» (Fil 4, 4. 7). L’esortazione rivolta dall’apostolo Paolo ai cristiani di Filippi costituisce co­me la cornice ideale nella quale si inserisce la celebrazione di questa III do­me­nica di Avvento. Ma – la domanda sorge spontanea – perché ci dovremmo rallegrare? È ancora possibile rallegrarsi in un tempo come quello che stiamo vivendo, segnato dalla barbarie del terrori­smo, della guerra, dell’intolleranza, del prevalere della logica di mercato sulla solidarietà con­divisa? Non mancano ragioni di trepidazione e talvolta anche di paura.

Eppure, senza ignorare o minimizzare le tragedie e le ferite di questo nostro mondo, anzi, facen­do­sene partecipe e sollecita nella carità di Cristo, la Chiesa continua a proporre ai credenti e a tutti gli uomini l’invito a rallegrarsi. Perché? Perché «il Signore è vicino», ci ha detto san Paolo. È proprio questa “vici­nanza” di Dio che ci permette – anzi, in un qualche modo ci “costringe” – a permanere nel­la gioia. Una vicinanza che non si realizza unicamente nel Natale, verso il quale ci sia­mo incamminati compiendo il “pellegrinaggio” dell’Avvento, ma una vicinanza che è conti­nua presenza d’amore di Dio al suo popolo. Perché la “passione” per le sue creature che abita il cuore di Dio non viene mai meno e il dono del suo amore per noi è irrevocabile (cf Rm 11, 29).

Per questo, con intima commozione e viva gratitudine, invitati da papa Francesco e in  comunione con tutta la Chiesa, abbiamo aperto e varcato la Porta Santa di questa Basi­li­ca Cattedrale per dare inizio solenne al “Giubileo della Misericordia”, indetto «per sentire forte in noi la gioia di essere stati ritrovati da Gesù, che come Buon Pastore è venuto a cer­carci perché ci eravamo smarriti… Un Anno in cui essere toccati e trasformati dalla sua misericordia, per diventare noi pure testi­mo­ni di misericordia» (Omelia nei Primi Vespri della II domenica di Pasqua, 11 aprile 2015).

Chi durante l’anno, in spirito di preghiera e con volontà di rinnovamento interiore, compirà ­­il “percorso giubilare” che è stato predisposto, dopo aver attraversato la Porta Santa verrà accolto dall’immagine benedicente del Signore Gesù, «volto della misericordia del Padre» (Misericordiæ vultus, 1) e troverà ad accompagnarlo il ricordo di alcuni figli e figlie della no­stra terra, santi riconosciuti o anonimi, che hanno accolto l’abbraccio della misericordia di Dio e l’hanno testimoniata nella vita e nelle opere. Presso il fonte battesimale, all’ombra di san Ponziano, potrà fare memoria del Battesimo ricevuto rinnovando la professione del­la fede e segnandosi con l’acqua benedetta; nella cappella della custodia eucaristica ado­re­rà il “pane di vita”, sacramento della misericordia per l’umanità, e dalla SS.ma Icone riceverà il conforto della maternità della Vergine Maria, la Madre di miseri­cor­dia. Misericordia che potrà finalmente esperimentare e gustare celebrando il sacra­men­to della Penitenza.

Rallegriamoci, dunque, perché passando attraverso la porta aperta che è Gesù – «Io sono la porta delle pecore, ha detto. Se uno entra attraverso di me, sarà salvato» (Gv 10, 7. 9) – passando attraverso quella Porta noi possiamo ricevere la rivelazione del grande e consolante mistero della misericordia di Dio.

La misericordia, il cuore per i miseri, è uno dei sentimenti principali attribuiti a Dio e co­man­dati all’umanità in tutta la Bibbia: sta nello spazio dell’amore ed indica bontà, bene­vo­len­za, indulgenza, amicizia, pietà, grazia. Fin dal suo primo rive­lar­si a Mosé sul monte Sinai, Dio si definisce “misericordioso e compassione­vole”.  E a par­tire da quel momento, in tutta la Scrittura, dai profeti ai Salmi, questo è il suo Nome. Perché la sua mise­ri­­cordia è per ogni essere vivente, per i bisognosi e i sofferenti, per i peccatori; è ­eterna e sempre attuale.

Gesù, venuto a raccontare e spiegare Dio (cf Gv 1, 18), porta a compimento con atteg­gia­menti e parole questa immagine del Dio misericordioso e compassionevole: è il Van­gelo, l’annuncio della misericordia, un messaggio che non è capito da quanti si sen­to­no giusti (cf Mc 2, 16-17), mentre è atteso e compreso da chi si sente nel peccato e bisognoso del perdono. La santità di Dio, infatti, non splende quando non c’è peccato nell’uomo, ma quando Dio usa misericordia e perdona.

Leggendo i Vangeli, vediamo innanzitutto un Dio interessato alle nostre ferite, che ha com­passione delle nostre sofferenze e miserie, un Dio che non si stanca del­l’uomo, anche quando questi si allontana con il peccato. Quello che lui vuole è che tor­nia­mo ad essere ciò che eravamo e siamo nel suo progetto originario, ovvero pienamente suoi figli. Perché il peccato infatti ci sfigura, deturpa la bellezza del nostro volto, fatto ad immagine del volto di Cristo. Dio vuole che la nostra umanità ritrovi la sua pienezza, la sua armonia. Dio ci vuole felici. Ma noi non siamo veramente felici quando siamo immersi nell’egoismo e nell’ingiustizia, o abbiamo il cuore colmo di rabbia, di rancore e di sfiducia. Per questo Dio non si stanca di offrirci la sua misericordia e di rinnovarci con il suo amore. L’Anno Santo sarà un momento propizio per riscoprire la bellezza della Confessione, con la quale  hanno inizio la trasformazione di ogni singolo fedele e la riforma della Chiesa. Confido che nelle nostre parrocchie venga data sempre maggiore attenzione a questo sacramento, così im­por­tante per un autentico rinnovamento spirituale.

Rallegriamoci dunque, perché ancora una volta risuona nella nostra assemblea questa notizia, che è “bella” e anche “buona”: Dio ci è vicino, Dio ci vuole bene, Dio non si stanca di noi, Dio è il Padre amoroso che, donandoci il suo Figlio, ci avvolge nell’abbraccio della sua misericordia. Questa verità ci deve cambiare “dentro”, deve cambiare il nostro modo di vivere, il nostro modo di essere nel mondo e per il mondo, lo stesso modo di sentirci Chiesa.

La Porta Santa si è aperta verso l’interno della Cattedrale: qui, nell’ascolto attento e disponibile della Parola, nella celebrazione dei sacramenti della vita cristiana, nell’esperienza della comunione e della fraternità, veniamo edificati come Chiesa del Signore.

Ma a me piace pensare che dall’interno di questa Basilica la Porta Santa si spalanchi  a sua volta verso il territorio della nostra diocesi, perché «a tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi» ((Misericordiæ Vultus, 5).

Papa Francesco ha detto che, celebrando il Giubileo, la Chie­sa è chiamata a prendere rinnovata coscienza «della missione che il Signore le ha affidato il gior­no di Pa­squa: essere segno e strumento della misericordia del Padre». Dunque, ha aggiunto, «que­sto non è il tem­po per la distrazione, ma il tempo per rimanere vigili e risvegliare in noi la capacità di guardare all’essenziale» (Omelia nei Primi Vespri della 2a domenica di Pasqua, 11 apri­le 2015). E l’essenziale è l’amore e la tenerezza di Dio per l’umanità, manifestati in Cristo Gesù.

È la missione che ci viene solennemente affidata: rendere visibili i segni della presenza e della vicinanza di Dio ad ogni uomo, diventandone testimoni più convinti ed efficaci. Accogliamo con generosa disponibilità questo mandato, anzitutto a livello personale: dobbiamo fare esperienza della misericordia di Dio,  per essere a nostra volta, là dove si svolge la vita quotidiana, quegli operatori di misericordia che Gesù chiama beati (cf Mt 5, 7), perché «come non si può capire Dio senza la sua misericordia, non si può capire un cristiano vero che non sia misericor­dio­so» (Papa Francesco, Angelus, 8 dicembre 2015). Riscopriremo le opere di misericordia cor­porale e spirituale: «Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i pri­vilegiati della misericordia divina» (Misericor­diæ Vultus, 15). La predicazione di Gesù, infatti, ci propone queste opere perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli.

Il medesimo mandato è poi indirizzato a noi come comunità diocesana nel suo insieme e ad ogni singola parrocchia. Siamo chiamati ad intraprendere con entusiasmo il cammino della missione: dovunque c’è una persona, là dobbiamo andare per portare la gioia del Vangelo e la miseri­cordia e il perdono di Dio. Le nostre comunità – e in esse ciascuno dei membri – sono in qualche modo sollecitate a diventare una “porta santa”, capaci di dare un volto alla misericordia. Perché la “fatica” dell’evangelizza­zio­ne resta la prospettiva imprescindibile della vita di ogni credente.

Guidati dalla bussola sicura costituita dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II, continueremo a fondare la nostra azione pastorale sugli insuperati “pilastri” della catechesi, della liturgia e della carità, modellando la vita delle parrocchie su quella della prima comunità cristiana (cf At 2, 42-47), quando i credenti in Cristo erano «perseveranti nell’insegnamento degli apostoli (lectio divina, catechesi e formazione), «nello spezzare il pane e nelle preghiere» (liturgia e centralità della Messa domenicale), «stavano insie­me» (comunione e stile ecclesiale), «avevano ogni cosa in comune» (carità e presenza nel mondo), e «prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo» (stile di vita personale e sociale). Per questo il Signore «ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati».

E ci impegniamo a configurarci sempre più come Chiesa in “uscita missionaria”, che annuncia con gioia e senza sosta la persona e il messaggio liberante di Gesù Cristo, che abita il territorio con una presenza fraterna e solidale con tutti, che continua ad educare piccoli e grandi perché vivano nel mondo secondo la misura di Cristo, che con la sua azione liturgica e la sua testimonianza offre a tutti spazi di vita bella, buona e trasfigurata (cf Convegno ecclesiale di Firenze).

Sarà questo il contesto e il contenuto della “missione” che, grazie alla generosità degli operatori pastorali, celebreremo in tutte le parrocchie nel corso della prossima Quaresima: portare in ogni casa l’annuncio della misericordia di Dio; andare incontro agli uomini e alle donne del nostro territorio verso i quali siamo debitori della speranza che viene da Cristo Risorto (cf 1 Pt 3, 15). Sarà una manifestazione eloquente della sollecitudine e della “compagnia” con la quale i credenti intendono sostenere il cammino dei loro fratelli e sorelle in umanità. Confido che, con la grazia di Dio, questo momento di autentica “semina evangelica” possa portare frutti abbondanti di bene nella vita dei singoli e nel tessuto ecclesiale e lo affido fin d’ora alla vostra preghiera di intercessione.


Guardiamo alla SS.ma Icone. Nel cartiglio che la Vergine stringe tra le mani è contenuta la preghiera che essa rivolge per tutti noi al suo Figlio Gesù: «Ti chiedo la loro salvezza. Compatiscili, Figlio mio. E salvali per grazia». La Madre della Misericordia non si stanchi mai di rivolgere a noi i suoi occhi misericordiosi, ci aiuti a riscoprire la gioia della tenerezza di Dio e, con la sua intercessione, ci ottenga di contemplare un giorno il volto della misericordia, suo Figlio Gesù (cf Misericordiæ Vultus, 24).

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