Al via il cammino pastorale delle Pievanie di S. Brizio, di Santa Chiara della Croce e di S. Giovanni Paolo II e presentazione, in tutte e tre, dei nuovi Pievani. Cronaca e foto.

Al via il cammino pastorale delle Pievanie di S. Brizio, di Santa Chiara della Croce e di S. Giovanni Paolo II e presentazione, in tutte e tre, dei nuovi Pievani. Cronaca e foto.

Al via il cammino pastorale delle Pievanie di S. Brizio, di Santa Chiara della Croce e di S. Giovanni Paolo II e presentazione, in tutte e tre, dei nuovi Pievani. Cronaca e foto.

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Al via il cammino pastorale delle Pievanie di S. Brizio, di Santa Chiara della Croce e di S. Giovanni Paolo II e presentazione, in tutte e tre, dei nuovi Pievani. Cronaca e foto.

Il fine settimana del 7 ed 8 ottobre 2023 è stato avviato, con la Messa presieduta dall’Arcivescovo, il cammino pastorale di tre nuove Pievanie: quella di S. Brizio (in cui sono confluite le parrocchie di Castel Ritaldi, Castel S. Giovanni di Castel Ritaldi e S. Brizio di Spoleto), quella di Santa Chiara della Croce (in cui sono confluite le parrocchie di Montefalco, Casale e Turrita di Montefalco) e di S. Giovanni Paolo II (in cui sono confluite le parrocchie del Sacro Cuore, S. Sabino, S. Venanzo, Maiano, Morgnano e S. Nicolò in Spoleto).

Pievania di S. Brizio, affidata a don Vito Stramaccia e al diacono Gianluca Filippetti. La celebrazione eucaristica si è tenuta nel pomeriggio di sabato 7 ottobre nella chiesa di Santa Marina a Castel Ritaldi, che non è riuscita a contenere i tantissimi fedeli accorsi. Oltre a quelli del territorio, diversi sono giunti da Montefalco per accompagnare don Vito Stramaccia nuovo Pievano di S. Brizio e fino a qualche giorno fa parroco proprio di Montefalco. C’erano il sindaco di Castel Ritaldi Elisa Sabatini e quello di Montefalco Luigi Titta. La liturgia è stata animata dalla corale parrocchiale. Il primo banco era stato riservato per le monache Benedettine celestine del monastero di Castel Ritaldi, uscite appositamente dalla clausura per partecipare a questo importante evento ecclesiale. Da Macerino di Acquasparta sono giunti i familiari più stretti di don Vito. Hanno concelebrato col Vescovo e con don Vito: don Salvatore Piga, eremita urbano che vive accanto al Santuario della Madonna Bruna, e don Salvatore Ficarra che ora svolge il suo servizio pastorale nella Pievania di S. Giovanni Battista e che ha trascorso da seminarista un tempo a Castel Ritaldi. «Attraversando le vigne di Montefalco, don Vito – ha detto mons. Boccardo – viene per annunciare il Vangelo in questo territorio, ricco della sua lunga esperienza pastorale (vicario parrocchiale a Baiano di Spoleto, responsabile della pastorale giovanile diocesana, parroco di S. Nicolò in Spoleto, direttore della Caritas diocesana e, infine, parroco di Montefalco, ndr)». L’Arcivescovo nell’omelia ha anche sottolineato come questa Pievania prenda il nome da S. Brizio, che è stato il primo vescovo di Spoleto. Il Presule, approfondendo le letture del giorno, ha detto che «Dio ci affida la sua vigna e anche quando dovesse accadere che l’uomo non riconosca sempre i suoi inviati a riscuotere il dovuto, rimane sempre pronto a rilanciare l’offerta. Perché questa ostinazione da parte del Signore? Perché l’uomo resta sempre immagine di Dio e la vigna resta sempre la vigna anche se qualcuno ne ha fatto un terreno desolato di rovi e sterpaglie. Dio non passa il suo tempo ad escogitare piani vendicativi, ma a scovare uomini e donne capaci di fidarsi del suo desiderio di comunione. E continua a cercare chi accetti di ricevere di nuovo la vigna dalle sue mani perché sia il luogo in cui far ripartire il progetto delle origini. In questa luce mi piace vedere la Pievania che oggi inizia il suo cammino». Mons. Boccardo ha dunque invitato don Vito, il diacono Gianluca e i fedeli a «continuare ogni giorno ad essere una comunità che si edifica attorno alla Parola e ai Sacramenti, costruisce relazioni fraterne, si impegna per una società più accogliente e misericordiosa, capace di costruire opportunità, momenti e spazi di incontro con Dio e con gli uomini». È questo l’obiettivo della Pievania. Detto in altre parole, usate sempre dall’Arcivescovo, «essere la Chiesa di Cristo qui e ora, permettendo ad altri di fare esperienza di Cristo, unendo le forze e superando interessi di parte e territorio».  Al termine della celebrazione Enrico ha portato il saluto a don Vito a nome della comunità: «Sei il segno del Signore tra noi, ti accogliamo come padre e fratello, guidaci nel vivere in comunione tra di noi. Ti aiuteremo e ti staremo accanto: benvenuto». Anche il sindaco Elisa Sabatini ha preso la parola: «Grazie Eccellenza per essere qui tra noi a celebrare l’Eucaristia e grazie per il servizio che rende a tutta la nostra Diocesi». Poi, si è rivolta a don Vito: «La salutiamo con affetto e gratitudine. Castel Ritaldi è una comunità viva nella fede e attenta agli ultimi. Siamo desiderosi di crescere ulteriormente, abbiamo tanti progetti da ultimare. Potrà contare su di noi, prendiamoci per mano e iniziamo un nuovo cammino». Poi, è stata la volta di don Vito: «Appena ordinato diacono, nel 1985, dalla Diocesi mi mandarono a benedire le famiglie a Mercatello e a Castel Ritaldi perché don Angelo Tordoni stava male. E dopo tanti anni eccomi qui come Pievano: il Padre Eterno, grade e ricco nella sua misericordia, è sempre imprevedibile e questo è molto bello.  Grazie al Vescovo per la fiducia e alla cara comunità di Montefalco dove ho passato undici anni bellissimi». E qui don Vito si è commosso e i presenti lo hanno sostenuto con un lungo applauso. Ha ripreso il discorso dicendo: «Passo dal sagrantino al trebbiano spoletino. E mi piace questa immagine della vigna. Ho dei ricordi nitidi di quando ero giovane e c’era la vendemmia nei nostri campi: tutta la famiglia era indispensabile per quello che era un momento di festa atteso, anche se unito alla fatica. E questa è la parrocchia: tutti siamo indispensabili e tutti dobbiamo esserci. A ciascuno di voi chiedo un impegno gioioso e schietto. Lavoreremo per edificare una comunità dove stare bene insieme, con un’attenzione privilegiata ai fragili e ai deboli da consolare e a cui dare speranza, consapevoli però che l’unica certezza è Gesù Cristo».

FOTO-GALLERY PIEVANIA S. BRIZIO

Pievania di Santa Chiara della Croce, affidata a don Mariano Montuori (Pievano) a padre Marco Antonio Uras, ofm, e ai padri Passionisti del Santuario della Madonna della Stella.  La mattina di domenica 8 ottobre in una gremita chiesa di S. Bartolomeo a Montefalco c’è stata la Messa per l’avvio ufficiale della Pievania di Santa Chiara. Diversi fedeli sono giunti da Castel Ritaldi per accompagnare don Mariano Montuori fino a pochi giorni fa loro parroco. La Messa è stata animata dalla corale pacchiale. C’era il sindaco Luigi Titta e quello di Castel Ritaldi Elisa Sabatini. Dalla clausura sono uscite, per unirsi alla preghiera della comunità, le monache agostiniane di Santa Chiara della Croce, al cui patrocinio è proprio affidata la nuova Pievania. C’erano anche la mamma e il papà di don Mariano. Hanno concelebrato con il Vescovo e don Mariano: padre Roberto Cecconi, cp, nuovo rettore del Santuario della Madonna della Stella in Montefalco; don Angelo Nizi, canonico della Cattedrale e punto di riferimento per la comunità locale; due frati minori del convento di S. Fortunato; don Pier Luigi Morlino e don Claudio Vergini, rispettivamente Pievani delle Pievanie di S. Ponziano e di S. Giovanni Paolo II; padre Salvatore Piga, eremita urbano che vive accanto al Santuario della Madonna Bruna. Nell’omelia l’Arcivescovo ha sottolineato come il protagonista della parabola del Vangelo del giorno «non è da ricercare nei vignaioli ma nella vigna e nel padrone, cioè nell’amore divino che non è mai bloccato dalle delusioni umane, ma che continua a sperare e ad attendere. La salvezza (la vigna) e il Salvatore (il padrone) non cesseranno mai di essere a disposizione dell’uomo. E l’attesa del Signore è che nella vigna entrino uomini desiderosi di renderla uno splendore di bellezza, feconda di frutti. La vigna del Signore – ha proseguito il Presule – è affidata a noi. Per coltivarla e renderla feconda abbiamo nelle nostre mani lo strumento delle Pievanie, nate da un attento ascolto dello Spirito e da un esame onesto della realtà: non siamo più una società “cristiana”, la gran parte dei nostri contemporanei sembra non aver bisogno del Vangelo di Gesù. E noi cristiani non possiamo stare a guardare. A questa società siamo mandati per testimoniare che proprio il Vangelo di Gesù può dare senso alla vita. Ci abita un unico intento: permettere a tutti di fare l’esperienza di Cristo e della vita nuova in lui. E un’unica preoccupazione: la latitanza nelle nostre assemblee delle giovani coppie e ai giovani in generale. Nei loro confronti, come credenti, siamo debitori dell’annuncio credibile del Vangelo di Gesù». Poi, mons. Boccardo è sceso in qualche dettaglio di funzionamento delle nuove Pievanie: «In ognuna di esse vengono individuati più “centri eucaristici”, cioè il luogo in cui le diverse comunità convergono per la celebrazione festiva e vivono una reale esperienza di fraternità; un luogo in cui non si gioca a fare i cristiani, ma ci si innamora di Gesù e dei fratelli. Per fare ciò andranno razionalizzati anche gli orari e le località delle Messe festive. So bene che questo obbligherà qualcuno a spostarsi; ma so altrettanto bene che viviamo in una società nella quale ci si muove per ogni cosa: dalla spesa al lavoro, dal medico alla scuola. Se ci teniamo alla nostra vita cristiana, potremo dare più rilievo al valore di una celebrazione eucaristica viva e coinvolgente che alla fatica di qualche spostamento».  Al termine della Messa, Elisabetta a nome della comunità di Montefalco ha ringraziato il Vescovo e don Mariano: «Grazie Eccellenza per questa celebrazione e per aver avviato il cammino pastorale della nostra Pievania. Le assicuriamo una preghiera costante affinché la nostra Chiesa possa sempre leggere con profezia i segni dei tempi e noi le promettiamo che cercheremo di essere le pietre vive per il bene della nostra Chiesa diocesana». Poi, rivolta a don Mariano: «Benvenuto, sentiti a casa. Siamo consapevoli che ripartire non sempre è facile, ma sarà lo Spirito Santo a guidarci. Ci impegniamo a guardare insieme nella stessa direzione. Ti presenteremo i nostri sogni, ma non esiteremo anche a confidarti i nostri dubbi e le nostre incertezze. Vieni una terra di grande tradizione, di immensa cultura e di straordinarie figure di Santi. Affidiamo il tuo e il vostro servizio pastorale, cari presbiteri, all’intercessione di Santa Chiara. Cercheremo di scrivere le pagine più belle di un nuovo libro». A don Mariano è stato donato un piatto di ceramica con decorata una vigna: simbolo di Montefalco e, soprattutto, cuore della liturgia di domenica 8 ottobre. Anche il sindaco Luigi Titta ha preso la parola: «Grazie Eccellenza per averci regalato due giornate bellissime a Casale Ritaldi, ieri, e oggi qui. Sono stati momenti appassionati che fanno bene. A e lei, caro don Mariano, benvenuto. Dalle prime volte che ci siamo incontrati, mi ha fatto una buona impressione. Le assicuro la mia disponibilità a lavorare insieme per il bene del prossimo, ognuno col suo ruolo. Qui a Montefalco c’è un grande patrimonio umano, imprenditoriale e culturale che piano piano conoscerà. Ancora benvenuto». Alla fine è stata la volta di don Mariano: «Carissima Comunità di Montefalco, che vive nella luce della santità di Chiara della Croce, la Pace del Signore sia con te! Sono tanti i pensieri che albergano il cuore in questi giorni, tante le prospettive e i sogni; altrettante sono le emozioni che si avvicendano. Grazie a Lei, Eccellenza, che ancora mi concede fiducia e sostegno affidandomi una comunità bella, grande, ricca di storia, santità, fede, tradizioni e, ne sono certo, tanto desiderio di continuare a camminare nella luce del Signore Risorto. Vorrei iniziare fin d’ora ad entrare nelle vostre case: il primo saluto va alle persone ammalate oppure anziane, che sostengono la Parrocchia con la preghiera e con l’affetto e che conto di visitare quanto prima per ricevere la loro benedizione. E dopo gli anziani, preziosi esempi e maestri della vita trafficata nella quotidianità, sento di riservare un caro saluto alle famiglie e ai giovani che amano, sostengono e fanno vivere questa Parrocchia. Sono le pietre vive, quelle che tengono viva una Comunità nelle molteplici attività e iniziative. Con trepidazione mi appresto a condividere con voi un tratto importante del mio cammino di sacerdote. Con gioia e timore, rispondendo alla chiamata di Gesù, ho accettato la proposta di essere vostro parroco e mi sono preparato, nella preghiera, ad assumere questa missione. A tutti dico grazie, soprattutto per le parole di stima: ho sentito grandi parole di stima nei miei confronti che non merito perché ancora non vi ho dimostrato niente. Spero di meritarle, ci proverò».

FOTO-GALLERY PIEVANIA SANTA CHIARA DELLA CROCE 

Pievania del Sacro Cuore, affidata a don Claudio Vergini (Pievano), a don Dieudonné Mutombw Tshibang, a don Nelson Abraham, cpps e al diacono Francesco D’Urso. Nel pomeriggio di domenica 8 ottobre, presso la chiesa di S. Giovanni Paolo II a S. Nicolò c’è stata la Messa per l’avvio ufficiale della Pievania che porta il nome del Santo papa polacco. Moltissimi i fedeli che vi hanno preso parte, provenienti anche da Bevagna e Baiano, le comunità dove don Claudio e don Nelson hanno svolto finora il loro ministero. Presenti la sorella, il cognato e il nipote di don Claudio, mentre i suoi genitori, anziani, hanno accompagnato il figlio con la preghiera dalla loro casa a Bruna di Castel Ritaldi. Così come hanno fatto i familiari don Dieudonné e don Nelson, rispettivamente dall’Africa e dall’India. La liturgia è stata animata dalla corale di Pievania, con l’aggiunta di quale “elemento” di Baiano e Bevagna. Hanno concelebrato col Vescovo e i tre preti cui è affidata la Pievania: don Pier Luigi Morlino Piavano della Pievania di S. Ponziano; don Alessio Kononov; don Claudio Faina della diocesi di Perugia-Città della Pieve, amico di don Claudio Vergini. Nell’omelia l’Arcivescovo, riprendendo il Vangelo del giorno che presentava la parabola del vignaiolo, ha detto: «L’aver ricevuto in usufrutto la vigna che è la vita, la comunità cristiana e la fede stessa non è finalizzato a un utile per sé, ma condividere lo stesso sentire che scorre nel cuore di Dio che tutto ci ha donato. E, invece, i contadini della parabola – e con loro e come loro anche noi – ci ritroviamo spesso a considerare quale vantaggio trarre, su quale eredità mettere le mani. Facciamo dunque un esame di coscienza: siamo alla ricerca di una eredità o impegnati a portare il frutto atteso dal Padre, possedere o condividere, accumulare o partecipare, apparire o essere, appropriarsi o essere fecondi, gioire perché altri partecipano delle nostre stesse possibilità o invidiare perché sembra ci sia tolto qualcosa?». L’Arcivescovo quindi ha illustrato il progetto della Pievania «uguale in tutto il territorio diocesano, dove ogni comunità ha lo stesso valore e gode della stessa importanza. Non c’è differenza, infatti, tra una parrocchia di città e una di montagna: entrambe sono costituite da persone che hanno diritto di ricevere in pienezza il messaggio cristiano e anche al loro servizio devono essere poste le forze migliori di cui disponiamo. Tante parole non state dette e scritte circa il normale trasferimento di un parroco, peraltro non il solo ad assumere un nuovo ministero nella nostra Diocesi. Avrei preferito che altrettante parole, nutrite da un autentico spirito ecclesiale (rivelatosi purtroppo debole) fossero state spese per commentare l’istituzione della Pievania e la missione affidata a tutti i membri della comunità. Interroghiamoci circa il nostro amore alla Chiesa. Per la Chiesa – dico – non per il Vescovo tale o per il prete tal altro, ma per l’unità e coesione del corpo ecclesiale, al quale particolarismi e interpretazioni strumentali della realtà continuano ad infliggere ferite dolorose». Al termine della liturgia, Luciano a nome di tutta la Pievania si è rivolto ai tre preti e al diacono: «Un piccolo augurio: che possiate entrare nelle nostre case, nei nostri cuori, nei nostri bisogni ed errori, nelle nostre gioie e dolori. Che siate sale e luce per le nostre anime stanche e bisognose». E a ciascuno di loro quattro sono state consegnate simbolicamente delle chiavi, quelle delle case e delle comunità loro affidate, con un biglietto che riporta la famosa frase di S. Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo”. Anche don Claudio poi ha preso la parola: «”La gente dice tante cose di me, ma voi chi dite che io sia?”. Il cambiare nella vita, come in questo caso l’inizio di una nuova esperienza ci pone ancora una volta dinanzi a questa domanda. Ci avete chiesto e vi siete chiesti in questi ultimi tempi mille volte se il fatto che un parroco resti pochi anni in una parrocchia sia una cosa giusta, se non sarebbe meglio restare più a lungo. Ci avete chiesto perché i preti debbono spostarsi ecc…ecc… Potremmo parlare all’infinito di queste cose, ma non è questa oggi la domanda importante. Dinanzi al fatto che qualcosa cambia, noi ci troviamo ancora di più dinanzi al Signore, dinanzi al nostro Dio. E Lui, più liberamente ancora, ci domanda: “Voi chi dite che io sia?” Chi sono io per te? Mi hai scelto per quel prete, per quella persona, per quell’altra o perché hai scelto me? Noi cerchiamo di aggiustarci le cose senza Gesù. Ma invece dove c’è lui tutto rifiorisce. E ora c’è il futuro che ci attende. E sono sicuro che sarà un futuro bello e ricco di speranza. A tutti viene chiesto di rimettersi in cammino. Nella sua grandissima e smisurata fantasia il Signore ci chiama ora tutti quanti a qualcosa di nuovo, ad una responsabilità nuova. Allora come abbiamo accolto ogni tappa fino a qui, dobbiamo accogliere anche quelle nuove con tanta fiducia e con tanto entusiasmo. Siamo nelle mani di Dio. E accoglieremo questa novità solo ponendoci ancora una volta quella domanda di fondo: “Ma voi chi dite che io sia?”. Adesso è il momento davvero di chiedere al Signore la grazia per tutto ciò che inizia e continua, chiedere la sua grazia, la sua fiducia, la sua speranza per camminare. Che ognuno riprenda il servizio che ha fatto. Chi non lo ha mai fatto si chieda se non è il caso di iniziare, perché realmente nella Chiesa c’è bisogno di tutti quanti».

FOTO-GALLERY PIEVANIA S. GIOVANNI PAOLO II 

 

 

 

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